LA FORTUNA DI ESSERE A ROMA🌀
La via Appia, sia nel tratto urbano dal Circo Massimo alle Mura Aureliane, sia lungo le sue miglia suburbane, offre spettacoli di incredibile bellezza e rarità. Non c’è un angolo uguale ad un altro, non c’è mai monotonia nel suo paesaggio ancora in parte fedele alla sua versione migliore, quella bucolica e agreste. Quel suo connubio di verde e di ruderi ha incantato per secoli intere generazioni di turisti e in molti tratti del tracciato della Regina Viarum ancora è possibile immergersi in un autentico frammento della Campagna Romana.
Restiamo dunque sul tratto romano dell’Appia, lasciamoci la mole delle Mura Aureliane alle spalle e, prestando attenzione se siamo a piedi, percorriamo il tratto di Appia che attraversa il confine tra I e II miglio. Superiamo quindi la Ex Cartiera Latina, che oggi marca il passaggio dell’antico confine della Regio I al primo miglio, il sacro fiume Almone e andiamo oltre. Al bivio di S. Tarcisio, proseguiamo a sinistra (a destra parte l’Ardeatina) e, dopo una bella camminata arriveremo alla basilica di S.Sebastiano. Ce la lasciamo alle spalle perché davanti a noi già possiamo traguardare la mole del Mausoleo di Cecilia Metella, che si erge in tutta la sua magnifica grandezza sul punto più rilevato dell’Appia, in questo tratto, dovuto alla forma del terreno sagomata dall’attività vulcanica del distretto dei Colli Albani.
Poco prima del Mausoleo, oggi quasi “all’ombra” di esso, si estende la proprietà che fu dell’imperatore Massenzio, una vastissima tenuta compresa tra la via Appia e la via Appia Pignatelli (antica via Latina) oggi trasformata in un parco pubblico gestito dalla Sovrintendenza Capitolina. Più che un parco è un sito archeologico a tutti gli effetti, con tanto di biglietteria (che stacca appunto biglietti gratuiti), servizi igienici e una ricca pannellistica che introduce alla storia del sito. Il fatto, però, che vi troviate in una porzione del paesaggio verde dell’Appia, con tanto di specie arboree particolari e ruderi d’eccezione, rende l’esperienza di un questo luogo davvero speciale.

IL PERSONAGGIO🌀
Chi era Massenzio? L’avversario di Costantino. Su questo siamo tutti d’accordo. Ma vediamo di capire meglio le ragioni di quella fatidica battaglia al Ponte Milvio, combattuta il 12 ottobre del 312 d.C., che per Massenzio fu letale e per Roma segnò l’inizio di una nuova era: l’età costantiniana.
Per capire chi era Massenzio e perché fu tanto osteggiato dobbiamo fare un passo indietro e risalire alla Tetrarchia, un periodo in cui si è sperimentata una forma di potere condiviso che, tuttavia, invece di regalare all’impero pace e stabilità ne accelerò la fine. Diocleziano, imperatore di Roma dal 284 al 305, ebbe l’intuizione di dividere il territorio in quattro parti; per gestirle al meglio decide di affiancare alla figura dell’imperatore dei collaboratori: un pari grado, denominato Augusto, con cui avrebbe spartito la gestione del potere, dividendosi tra Oriente e Occidente; due sottoposti, i Cesari, ciascuno al fianco del relativo Augusto, incaricati di coadiuvarlo e subentrarvi in caso di morte o destituzione.

In teoria, questo sistema avrebbe potuto durare ancora molti secoli, in pratica, ha determinato una accelerazione del processo, comunque già in corso, di frattura tra le istituzioni ancora centralizzate, gli eserciti, sempre più frammentari e autonomi, e il territorio. Le dimensioni raggiunte dall’impero romano in questo periodo, del resto, avevano reso in un certo senso necessaria la visione di un decentramento amministrativo. Ma il piano di Diocleziano non funzionò.
Nel 305, come da regolamento, Diocleziano, Augusto d’Oriente, e Massimiano, Augusto d’occidente, nonché padre di Massenzio, abdicano. Al suo posto sarebbero dovuti salire al trono Galerio, Cesare d’Oriente e Costanzo Cloro, Cesare d’Occidente, nonché padre di Costantino. Ciascuno aveva nominato dei successori, nuovi Cesari. Ma con la morte di Costanzo Cloro nel 306 scoppia il putiferio. In occidente si creano immediatamente i presupposti di una contesa: il figlio illegittimo di Costanzo Cloro, Costantino, si fa eleggere Augusto dalle truppe che erano in competizione con l’Augusto già precedentemente nominato (si chiamava Severo).
Allo stesso modo, Massenzio, figlio di Massimiano, ex Augusto che aveva abdicato, riaffermando il principio dinastico si fa nominare Cesare a sua volta, con il sostegno dei pretoriani. Risultato: Costantino viene inviato a Roma per sconfiggere Massenzio considerato un usurpatore; in seguito, rimasto solo al comando, avrebbe sistemato Licino nella parte orientale dell’impero, riuscendo così ad ottenere il comando di tutto l’orbe romano senza altri “colleghi”.
MASSENZIO, ROMA E L’APPIA🌀
Dal 306, anno in cui Massenzio è acclamato dai pretoriani a Roma, al 312, anno in cui Costantino lo affronta e sconfigge nella battaglia del ponte Milvio, a Roma si aprono cantieri in molte parti della città. Tra questi ricordiamo la Basilica di Massenzio (poi passata al nome di Costantino), il restauro del Tempio di Venere e Roma e la grandiosa dimora sulla via Appia. Massenzio, possiamo dedurre, si sentiva totalmente nel ruolo e sceglie quindi di andare ad abitare in una porzione di suburbio romano dove, non a caso, già gli Scipioni avevano inaugurato la celebrazione militare delle grandi famiglie aristocratiche della Res Publica costruendovi la propria casa e la propria tomba dinastica.

La scelta della via Appia, dunque, non è stata casuale. Non dobbiamo dimenticare, poi, che il tratto prescelto pare fosse già appartenuto a Erode Attico, o meglio, alla sua ricchissima e sfortunata moglie Annia Regilla,nobildonna romana di antico lignaggio (a differenza del marito), morta in circostanze poco chiare (si dice l’abbia uccisa lui) e poi magnificata attraverso un cenotafio a forma di tempio in mattoni ancora ben visibile nel parco della Caffarella: in linea d’aria, proprio alle spalle della proprietà massenziana.
A questo proposito è importante associare subito il luogo, dalla duplice valenza funeraria e residenziale, alle architetture massenziane, per comprenderne al meglio il senso, che poi non è uno solo. La via Appia, oltre a essere la principale via di comunicazione con la Magna Grecia, all’indomani della sua inaugurazione diventa rapidamente una “vetrina” nella quale far bella mostra di sé, come gli Scipioni ci dimostrano di aver subito intuito. La migliore vetrina per i romani antichi non era tanto la casa, accessibile a pochi, quanto la tomba, il sepolcro, la dimora finale. Seguendo uno schema che possiamo far risalire appunto già all’età repubblicana, una volta che una famiglia si aggiudicava (o aveva da secoli) un fundus, un pezzo di terra, ci costruiva dentro tutto ciò che serviva per vivere da vivi e continuare a vivere, nella memoria dei posteri, da morti.
NELLA TENUTA DI MASSENZIO🌀
Massenzio, quindi, avrà probabilmente scelte questo tratto della via Appia per la sua posizione tanto strategica quanto prestigiosa. La sua tenuta comprendeva più d’un edificio: un circo privato, un Mausoleo dinastico delimitato da un grandioso recinto in muratura (che poi, sarà un recinto?), una aula basilicale, oltre a numerose preesistenze che non demolisce ma integra nel suo complesso. Proviamo ad analizzare il tutto per fase, procedendo, cioè, per paesaggi.
ETA’ AUGUSTEA: LA NECROPOLI🌀
A questa prima fase della storia, non apparitene quasi nulla di quel che vedete oggi, se non un paio di tombe. Una è quella di Cecilia Metella, poco più in giù; l’altra è quella detta dei Servili (da un’attribuzione antiquaria) che vedete inglobata nelle strutture del recinto costruito attorno al grande mausoleo dinastico.

La cosa interessante che ho notato durante la diretta Instagram è che si può quasi ricostruire lo spessore del rivestimento esterno della tomba, oggi spogliato. Se notate bene, Il muro del recinto massenziano in origine si addossava alla tomba, mentre oggi uno vuoto, una lacuna di spessore costante, li separa. Se guardate bene verso l’alto, poi, si riesce a leggere il profilo della modanatura di coronamento (parte alta) del basamento (porzione inferiore) del mausoleo. Insomma: la tomba aveva un bel rivestimento lapideo, forse proprio marmoreo, che è sopravvissuto fino al cantiere massenziano, che ci si è appoggiato, conservandolo. In un momento successivo, deve essere stato rimosso. Vedete, tante volte le lacune possono ancora raccontare qualcosa.

A questa fase, infine, appartiene anche il nucleo originario di una villa, forse anche un poco più antica (II a.C), alla quale appartiene il criptoportico ancora oggi visibile nel complesso dell’aula basilicale. Il criptoportico è un corridoio costruito controterra, solitamente presente nelle strutture a terrazze. La sua struttura solida e compatta, consente di sostenere il piano superiore e di collegare due lati della casa. Spesso la si trova nelle ville, ma anche nei santuari.
ETA’ ANTONINA: IL TRIOPIO DI ERODE ATTICO🌀
Questa fase non è tangibile nella proprietà di Massenzio oggi, ma vale la pena rievocarla perché l’ipotesi in campo vuole che questo territorio costituisca una propaggine del vastissimo triopio di Erode Attico, del quale conosciamo oggi la porzione “contenuta” nel parco della Caffarella con il “ninfeo di Egeria” e il “cenotafio di Anni Regilla”. Non è facile tracciare i confini di quella sterminata proprietà, tuttavia gli studiosi ritengono di non poter escludere che arrivasse fino al confine con la via Appia.

MASSENZIO A ROMA, DAL 306 AL 312🌀
A questa fase, la più importante dal punto di vista architettonico, appartengono: il mausoleo dinastico con il suo recinto (o presunto tale); il circo privato e il palazzo con la sua grande aula basilicale.
La ragione per cui questo contesto costruttivo è tra i più importanti a Roma è legato alla tecnica costruttiva con cui è costruito, alla quale possiamo associare una cronologia alquanto puntale. In sostanza, l’opera vittata – quella che alterna una fila di blocchetti di tufo e una di mattoni – si può datare al decennio, tra il 306 e il 312, vale a dire da quando si è insediato a Roma a quando è morto sotto al crollo del ponte Milvio combattendo contro Costantino. E ciò è un assoluto colpo di fortuna per gli studi di architettura romana!
Purtroppo, invece, non sappiamo gran che della stratigrafia (ossia della ricostruzione della sequenza storica della stratificazione) dell’area. Gli scavi intrapresi dall’archeologo Antonio Nibby per conto dei Torlonia, nel 1825, portarono all’identificazione del complesso, grazie a una iscrizione funeraria che citava Romolo, il figlio di Massenzio, morto nel 309 a soli 4 anni. A lui, immaginiamo, fu dedicato il mausoleo.
Ma oltre a questa pur fondamentale identificazione, all’epoca si indagava il terreno sterrandolo, dunque, molti dei dettagli legati agli usi tardo antichi e medievali dell’area ci sfuggono.
Scavi stratigrafici, invece, furono fatti nell’area del palazzo negli anni 60 del Novecento, a cura della Sovrintendenza, e furono poi proseguiti tra il 2010 e il 2012 da un’equipe internazionale guidata dalla University of Colorado (e qui c’ero anche io, giovanissima!) e ripresi ancora dalla Sovrintendenza nel 2012.
ARCHITETTURA XXL🌀
Nell’ambito della ricerca accademica, prima tedesca poi italiana, è stato da qualche tempo aperto il tema di ricerca sulle architetture XXL, definendo tali quelle costruzioni caratterizzate da un ordine di grandezza “oversize”, per dimensioni, progetto architettonico e quindi modi, tempi e costi di realizzazione (approvvigionamento materiali, quantificazione delle materie prime, della forza lavoro ecc.).
A tutti gli effetti il complesso massenziano rientra in questa categoria, che dobbiamo considerare per quella che è, una astrazione scientifica utile ad analizzare il tema architettonico in tutti i suoi aspetti. Ma il senso è che un contesto architettonico così vasto e così sorprendente per le arditezze architettoniche che presenta, meriterebbe di essere analizzato attraverso la lente (e quindi con le metodiche e gli strumenti di indagine) dell’architettura Oversize.
A proposito di Oversize, il primo elemento di dimensioni ragguardevoli è il mausoleo, del quale, tuttavia, possiamo leggere la forma in pianta ma il corpo è stato in gran parte distrutto e poi ricostruito nelle forme di un casale rustico nel XVIII secolo. Immaginiamo sia stato costruito per contenere le ceneri del figlioletto Romolo, morto nel 309 (dunque l’edificio avrebbe una cronologia ristretta agli anni 306-309!), ma doveva senz’altro servire tutta la famiglia.

Il secondo elemento di ragguardevoli dimensioni è l’imponente quadrilatero che lo delimita, detto recinto ma con molti interrogativi: è sovradimensionato per essere un semplice recinto; non sembra essere finito (e qui abbiamo forse il dato per cui nel 312 fosse ancora in costruzione?); perché fu costruito così e con quali intenti? Insomma, qui c’è ancora da studiare e speriamo si possa approfondire il tema, che ha tutte le caratteristiche per essere davvero intrigante!
Il terzo elemento oversize è il circo, un luogo di spettacolo privato dove il padrone di casa avrebbe potuto impressionare i propri ospiti e intrattenerli con una bella corsa di cavalli. Il circo presenta dei dettagli costruttivi molto interessanti, dalla profusione dell’opra vittata alle ‘pignatte’ (anfore) nelle volte che sostengono gli spalti, preannunciando una tradizione costruttiva che caratterizzerà i successivi edifici costantiniani (come il Mausoleo di Elena “Tor Pignattara”). A proposito delle anfore, nella letteratura scientifica ora si tende a considerarle non tanto dispositivi per alleggerire le volte (perché hanno un loro peso specifico anche gli stessi vasi), quanto invece soluzioni per far crescere più rapidamente le volte e dunque risparmiare legante. Il che sembra essere una conseguenza più che logica nei cantieri tardoantichi, dove il riciclo è piuttosto diffuso.

L’OPERA VITTATA PIU’ FAMOSA DI ROMA
E concludiamo con l’aspetto forse più caratteristico e, per me, come sapete, particolarmente affascinante: la tecnica con cui è stato tirato su l’intero complesso. Siamo al cospetto del cantiere antico più famoso di Roma, perché se state studiando l’opera vittata o volete guardare da vicino e analizzare in dettaglio come lavora questa tecnica fatta con un filare di blocchetti rettangolari e un filare di laterizi alternati, beh, la villa di Massenzio è il paradiso che cercate.
Qui si possono apprendere con un approccio diretto le prodezze e i limiti di questa tecnica, come anche le necessità e le soluzioni messe in campo all’inizio del IV secolo, per fronteggiare la realizzazione di architetture, appunto, oversize. Come ho già detto in vari post di Instagram, e come ho scritto anche in recenti articoli scientifici, l’opera vittata rientra a pieno titolo nelle tecniche miste, e infatti è un’invenzione già flavia (pensiamo a Pompei), che a Roma esplode con Traiano e Adriano e poi a seguire (pensate alla fase “commodiana” della Villa dei Quintili).
Ma tra la vittata di II secolo e quella di IV secolo ci corre tutta l’evoluzione della cantieristica imperiale. Se nei secoli iniziali i blocchetti rettangolari, e i laterizi sono interi, perfettamente squadrati e i giunti e i letti di malta sono esigui, nella vittata massenziana gli elementi non mai integri e giunti e letti di malta sono molto più spessi: segno che si riciclano materiali e che comunque non sono sufficienti a raggiungere le pur sempre vertiginose altezze degli edifici in progetto. Perché se c’è una cosa che accomuna i cantieri di età imperiale, fino al V secolo, sono le dimensioni sempre più grandi, nonostante la reperibilità di materiale di fornace sia sempre più difficile.

INFO PRATICHE🌀
Il sito della Villa di Massenzio è gestito dalla Sovrintendenza Capitolina. Si trova in Via Appia Antica 153 ed è aperto gratuitamente dal martedì alla domenica dalle 10 alle 14, ma controllate sempre il sito a questo link per aggiornamenti.
Ecco, questo è il mio personale assaggio del complesso di Massenzio sulla via Appia. Spero che vi sia utile e che vi venga voglia di esplorarlo, se ancora non lo conoscete !
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