“Sparire qui”: un libro, e un’autrice, che mi hanno portata in America.

UNA SCOPERTA🌀

“Sparire qui” è il primo libro di Marta Ciccolari Micaldi, in arte McMusa, giornalista e guida letteraria che da anni racconta l’America agli italiani attraverso le pagine della letteratura americana. Il suo libro è uscito a fine agosto e non potevo scegliere momento migliore per leggerlo. Sebbene io non sia una giornalista e non mi occupi di letteratura americana per professione, desidero comunque parlarvi di questo piccolo miracolo, perché si è inserito nella mia vita, quotidiana e professionale, in modo inaspettatamente dirompente.

E poi chi ha detto che i libri li deve recensire solo l’esperto? Forse le recensioni dei lettori professionisti, come io amo definirmi, non avendo alcuna pretesa di stabilire la levatura letteraria dell’opera, si abbandonano al fluire delle emozioni e possono regalare, spero, momenti di orgoglio all’autore o autrice di turno. Nel mio caso, si tratta di una recensione a tratti autobiografica, nel senso che il tema di questo libro si intreccia in modo talmente stretto alla mia quotidianità attuale, che non posso parlarne senza interferire con il mio vissuto. E devo ammettere, lo aspettavo da tempo un libro così.

UN’AMERICA DIVERSA🌀

Ma seguendo la McMusa, come ho anche spesso detto nelle mie recensioni sui libri di argomenti altri rispetto all’archeologia, ho scoperto un’America molto diversa da quella di cui ho spesso sentito parlare. Intanto è un’America nutrita di studio, letture e ricerca, e questo, per una ricercatrice come me, fa la differenza. Le informazioni che leggo o ascolto hanno una struttura e peso specifico ben definiti, si sente che sono il frutto di una profonda riflessione e in fondo è quello che io cerco nei contenuti altrui, specialmente se esulano dal mio campo di studi.

Marta, poi, mi piace per come si pone: ha la capacità di esporsi ma senza mai eccedere, restando sempre molto professionale e centrata sul tema. E aggiungo che mi ha del tutto intrigato il modo in cui ha impostato il suo progetto divulgativo. Anche in questo caso non ho mai nascosto la mia ammirazione per le scelte strategiche e di metodo con cui racconta la sua America e il fatto che creda nella condivisione mi ha fatto immediatamente appassionare al suo lavoro, anche e soprattutto nell’ottica metodologica. A ben vedere, la ricerca è ricerca, a prescindere dal tema. E ibridare i metodi fra diverse discipline è una ottima risorsa per alimentare il sapere, non vi pare?

CONOSCETE LA MCMUSA?🌀

Insomma, se non la conoscete ancora, vi consiglio di andare a scoprire la McMusa, troverete il suo blog, nato nel 2013 e poi cresciuto in tante diverse frange, come newsletter, podcast e gruppi di lettura, il tutto basato su una forma di affiliazione a pagamento (membership) presentata con trasparenza e professionalità. Non solo gli archeologi come me, ma tutti i liberi professionisti della cultura e dell’informazione svolgono, infatti, un lavoro, una professione, e per quanto sia soprattutto una grande passione ad animarli, la retribuzione del lavoro di ricerca a diffusione della conoscenza non deve creare fastidi, anzi: va sostenuta. Io, ad esempi, ho scelto di abbonarmi al suo podcast bisettimanale (Miglia), e sono del tutto soddisfatta delle piccole storie americane che racconta. Poi, a proposito di intrecci, il nome “miglia” è quanto mai familiare a me che studio il primo miglio della via Appia e che di miglia me ne intendo. L’ho scelto soprattutto per questa assonanza.

Il motivo per cui ho desiderato leggere il libro “Sparire qui” – libro che ho preordinato (la prima volta nella mia vita), ho atteso, ho ritirato in libreria, ho attesto ancora un paio di giorni a scartare, ho poi avuto coraggio di sfogliare, e poi ho letto tutto d’un fiato in pochi giorni, con quella sensazione di magone dovuta alla consapevolezza che sarebbe, purtroppo, finito troppo presto…il motivo, dicevo, per cui l’ho letto è che speravo mi desse finalmente l’America vera. Un’America al di là dei luoghi comuni di cui, ad esempio, mi sono riempita le orecchie lavorando come ricercatrice e divulgatrice di archeologia a Roma, “perché tanto gli americani non sanno niente”, “perché tanto non capiscono la differenza tra prima e dopo cristo”, “perché tanto per loro è tutto WOW AMAZING AWSOME” e così via.

CERCANDO UN’ALTRA AMERICA🌀

In tutta onestà vi confesso che l’America la cerco da quando ero adolescente. Ebbi la fortuna di andarci con un gemellaggio scolastico in prima liceo classico, e da quel momento l’ho sempre cercata, da Roma. Mentre ero lì non la capivo, non la condividevo, ma ero giovane e non ero indipendente per poterla girare a modo mio. Eppure l’ho toccata con mano, ho vissuto in una famiglia in un grazioso quartiere fuori Pittsburgh, e negli anni quel senso di insoddisfazione per non aver avuto abbastanza tempo, di tensione verso quel paese dove noi italiani abbiamo riposto sogni di gloria non mi è mai passato, anzi, si è acuito.

E per ironia della sorte, sono finita (una bellissima “fine”) a lavorare al Colosseo nel servizio didattico ufficiale e a raccontare a centinaia di quegli americani là le meraviglie della mia città, i sapori del nostro cibo, l’odore del miglior caffè. E raramente, ho trovato davanti a me quegli americani là. Anzi, mi è venuto subito il dubbio che a me mancasse qualcosa, uno strumento di dialogo, una sensibilità, per entrarci totalmente in contatto. E infatti, ascoltando e leggendo la McMusa, ho capito che si trattava di paesaggi mentali, di ambiente, di strade, di luci e di colori, di codici di comportamento diversi dai miei, insomma di un intero mondo che avrei soltanto dovuto accogliere. So bene che leggere un libro non equivale a visitare un luogo, ma a conoscerlo meglio sì.

PERLE SUI PAESAGGI CULTURALI🌀

E mi era già capitato di perdermi totalmente tra le pagine di un’opera meravigliosa che ancora oggi non riesco a togliermi dagli occhi e dal cuore: parlo di “Antropologia del turchese”, di Ellen Meloy (Edizioni Black Coffee, ne ho parlato qui), una naturalista che aveva scelto di abbandonare la California e le sue piscine per andare ad abitare in Colorado con suo marito e i nativi come vicini di casa. La sua prosa così appassionata, ma al contempo pregna di scienza e di ricerca, la sua forza narrativa e il suo atteggiamento rispettoso nei confronti del cosmo e critico verso gli umani conquistatori hanno fatto di quelle pagine una delle mie bibbie sulla narrazione dei paesaggi culturali. Americani in questo caso. E dopo aver chiuso “Sparire qui” di Marta Ciccolari Micaldi al termine della lettura, ho ritrovato molte di quelle sensazioni. Marta stessa, tra le sue pagine, rende onore a Elle Meloy e al “suo” Colorado. Non mi ero sbagliata.

La dote più grande di Marta, a mio avviso, è la sua capacità di trattare tanto il dolore più profondo quanto la gioia più intensa con classe e un inconfondibile contegno umbertino. La sua scrittura scorre meravigliosamente pur essendo densa, ma la si perdona perché Marta sta esponendo se stessa agli occhi dei lettori e lo sta facendo – ho creduto di intendere – per liberarsi di alcune zavorre e lasciarle finalmente andare. La sensazione che ho provato dalla prima all’ultima pagina è infatti quella di un viaggio di liberazione. Marta stava affidando a me, lettrice, una parte della sua esistenza, a tratti travagliata, ma ugualmente affollata di sogni, aspettative, progetti, salti nel vuoto, piccoli passi, grandi passi, scelte difficili, imprevisti, intuizioni.

TRA LE PAGINE🌀

La struttura del libro non è cronologica, né topografica. Le tappe che scandiscono lo scorrere delle pagine sembrano più corrispondere a dei momenti cruciali della sua storia, che contiene vita e arte, in un nodo difficile da districare. Tornano gli anni, così come tornano i luoghi, ma a cambiare è la Marta che li attraversa. E in questo la sento profondamente vicina a me. Quando non sai, e forse non hai mai saputo, dove finisce la tua passione e dove comincia il tuo lavoro sei in un mare di guai. Intendo dire che sei condannata a vivere ogni momento con grande intensità e a quel punto la tua vita è improntata alla continua tensione verso ciò che alimenti te stesso e il tuo lavoro. E dunque non è facile trovare persone disposte ad annegare nella tua passione allo stesso modo. Questo libro, per quanto non sia una persona in carne ossa del tutto, mi ha fatto compagnia in questo senso. Ho trovato chi, come me, ha fatto della propria passione una bussola dove il nord segue costantemente il magnetismo dei luoghi e delle persone che li abitano.

Non tutte le microstorie raccontate hanno la stessa intensità e questo non per un difetto di scrittura, come sulle prime avevo pensato. Arrivata alla fine de libro, ho capito che l’intensità varia necessariamente al variare dei sentimenti dell’autrice. Naturalmente, da lettrice professionista mi arrogo il diritto di avere dei capitoli preferiti. E per me sono “Libertà (New York, 2010)”, “Educazione americana (Bloomington, 2013)”, “Sottosopra (Louisiana, 2015)”, “Sul cuore del mondo (Bandera, 2016)” e “Ritornare (Colorado, 2022)”.

I MIEI PREFERITI🌀

Il mio primo preferito racconta tutti gli esordi ed è come un battesimo. Io mi sono sentita benedetta dalla storia personale di Marta e l’ho apprezzata fin dalle prime pagine per essere stata sempre e incredibilmente se stessa, senza giocare a fare la scrittrice. Lei È una scrittrice, del genere che io amo di più: penna abile e sincera, appassionata e umile. Umile tanto nelle fragilità quanto nelle intuizioni a dir poco perfette, come il progetto di divulgazione che ha messo in piedi, e di cui, leggendo il primo capitolo, non dimenticheremo mai la genesi newyorkese. O almeno, io, d’ora in poi, non potrò farlo.

Il mio secondo preferito, racconta di una conversazione in macchina attraverso l’Illinois sulle tracce di uno scrittore geniale e dannato. E la lirica delicatezza delle parole usate per descrivere quel viaggio di qualche ora mi hanno letteralmente travolta. Mi sembrava di essere seduta sul sedile posteriore e di ascoltare Marta e Paul parlare. Un condensato di tensione, passione, desiderio di scoperta e tristezza, per il destino tragico di un autore geniale come Foster Wallace. E io aggiungo: Every body needs somebody.

Il mio terzo preferito racconta l’anima del sud rappresentata dalla Louisiana. Qui è ambientato un episodio denso di sorprese e contrasti dal quale emerge con forza l”irriducibile energia della gente del Sud, qui rievocata dopo l’uragano Kathrina. La mia Lousiana, invece, era quella delle lezioni di archeologia in cui avevo sognato a occhi aperti davanti alle immagini di repertorio di Storyville, New Orleans, e del Museo costruito sulle rovine del quartiere a luci rosse distrutto all’inizio del Novecento. Leggere la storia di Marta in Louisiana mi ha fatto sorridere, perchè alla fine è come pensavo: ognuno ha la sua America, ognuno ha la sua Louisiana, ognuno ha una storia da intrecciare a quelle degli altri.

Il mio quarto preferito offre invece un affresco disarmante sul Texas. Disarmante perché del Texas non ci abbiamo mai capito niente. Altro che cowboy col cappello in testa, stivali ricamati a mano e distese a perdita d’occhio. Il Texas è il futuro. Il Texas è “il cuore del mondo”. D’accordo, è sempre il cuore di Marta a dettare le parole, sono i suoi occhi spesso umidi e le sue personali visioni a riempire le pagine del libro, ma vi assicuro che mai vi sembrerà di essere di troppo. Marta ha questa brillante capacità di accogliere e includere, senza forzature. Io non si sono mai stata in Texas. Per me il Texas porta il nome di Josie, una delle mie allieve statunitensi, la migliore di tutti i tempi. Timida, con un fil di voce e una capacità di penetrare i contesti come la più audace delle archeologhe. Il primo giorno di lezione indossava i suoi texani e una camicia a quadri. Mi aveva sorpreso ma anche intenerito la cosa, pensando che avesse desiderato sentirti meno lontana da casa. Adesso capisco il perché di quei texani indossati a Roma. E il laconico Bubba resterà per sempre impresso nei miei pensieri.

Il mio ultimo preferito non poteva che portarmi in Colorado. Di nuovo, un luogo che pensi sia in un modo, ma poi scopri che è tanto altro. Io venivo dal battesimo in Colorado officiato dalla Meloy e avevo aspettative altissime. Nessuna delusione, nessuna sbavatura, nessuna “bugia” letteraria. Al contrario, tanta umanità. Il Colorado di Marta è il Colorado della rivincita. Una partita solo apparentemente persa con l’America, dove la riconciliazione è sancita proprio da quella striscia di turchese stellato che ammanta il paesaggio.

INTRECCI AMERICANI🌀

Domani mi appresto a cominciare il mio settimo semestre di insegnamento del corso “The Splendour of Roman Art” presso la Fondazione IES Abroad, il mio piccolo angolo di paradiso americano a Roma. In questo istituto ho la fortuna di lavorare come docente di archeologia e la mia missione è raccontare Roma, la mia Roma, alle decine di studenti statunitensi che ogni anno lasciano le loro università per vivere un semestre in Europa, facendo, appunto, base a Roma. La lettura di “Sparire qui” di Marta Ciccolari Micaldi è il tassello che mancava alla mia avventura americana a Roma. Continuerò a riempire le mie notti sabine con pagine e pagine di autori americani, ascoltando i suggerimenti di Marta e aspettando che dia alla luce il numero due.

E non oso immaginare come potrò reagire se qualcuno dei miei prossimi studenti dovesse venire dal Colorado…

INFO PRATICHE🌀

Marta Ciccolari Micaldi, Sparire qui. Un viaggio nel cuore degli Stati Uniti attraverso incontri, pagine di letteratura e sogni americani, Rizzoli: Milano 2023

Il libro sarà presentato a Roma, venerdì 29 settembre, presso la libreria Spazio Sette in via dei Barbieri 7 (largo Argentina), qui il dettaglio


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