Un anno è già trascorso dall’uscita del libro intitolato Femminicidio e violenza di genere nell’antica Roma, curato dall’archeologa Marina Lo Blundo, con i contributi di altre tre archeologhe, per la casa editrice Dielle . Appena uscito l’ho ricevuto in anteprima dalla curatrice, l’ho subito letto tutto e ci ho riflettuto: un’idea interessante, un progetto onorevole, qualche mia perplessità. Ve ne parlo in questo post.
Attualità di un tema tragico
Ci piacerebbe credere che ad ogni nuovo 25 novembre si sia fatto qualche passo avanti sulla questione dell’uccisione di donne per mano di uomini, di assassini. Eppure, non è così. Dopo l’uccisione di Giulia Cecchettin sembrava che quell’abominio potesse avere il potere di fermare la premeditazione, la crudeltà, il raptus, e più in generale la presunzione di credere che la vita umana, specie se di una donna, valga meno di niente, possa essere spezzata, interrotta, perché è nell’ordine delle cose. Un ordine che ovviamente, in questa sede, disconosciamo.
Naturalmente, ciò per noi vale per qualsiasi vita umana, a prescindere dal genere. Marina Lo Blundo, d’altra parte, nel volume Femminicidio e violenza di genere nell’antica Roma, si è chiesta se un tema simile, “che certo non è un fenomeno dell’oggi” (p. 7), non potesse essere trattato in maniera compiuta, superando la dimensione puntiforme che ha solitamente. L’idea di voler dare una visione diacronica al fenomeno della violenza di genere nel mondo antico ha, quindi, messo in moto il progetto scientifico ed editoriale, affrontato insieme ad altre voci, le voci di colleghe archeologhe alle quali è stato affidato un aspetto specifico della narrazione.

Vediamo insieme l’indice
Riportiamo qui di seguito l’indice del volume, così che possiate avere un’idea più chiara della materia trattata, dell’approccio scelto per affrontarla e dei diversi contributi delle autrici. Il volume si articola in otto capitoli, oltre a una introduzione e una conclusione.
- I: La condizione della donna a Roma nel Diritto Romano tra Repubblica e Impero. Schiava, libertà, libera, matrona, di Giulia Santini
- II: Stereotipi di genere nella poesia e nella letteratura, di Elisa Mancini
- III: La sfera sessuale, di Elisa Mancini
- IV: Femminicidio e violenza di genere nella mitologia romana: Lucrezia, Tarpea, le Sabine e le altre, di Alessandra Randazzo
- V: Casi eccellenti di femminicidio noti nelle fonti, di Alessandra Randazzo
- VI: Violenza di genere nell’epigrafia romana, di Alessandra Randazzo e Marina Lo Blundo
- VII: La rappresentazione della violenza delle donne nell’arte romana, di Marina Lo Blundo
- VIII: Topografia dei femminicidi a Roma… una suggestione, di Marina Lo Blundo
Il titolo: una riflessione
Metto subito in evidenza un aspetto del libro che mi ha lasciata inizialmente perplessa: la scelta del titolo. Non è tanto il termine femminicidio, che personalmente poco sopporto perché sono convinta che abbia isolato le donne, indebolendole ulteriormente – e infatti i femminicidi, invece di diminuire, sembrano aumentare. Semmai, mi ha destato perplessità l’idea di applicare un termine della nostra legislazione contemporanea al passato, ad un mondo e un tempo – l’antichità – nei quali tale atteggiamento non era considerato secondo le categorie giuridiche attuali. E allora ho sospettato che ci fosse un vizio di forma. Se si va a cercare nel passato qualcosa che non fosse poi così tanto stigmatizzato, forse non lo si troverà e la ricerca sarà viziata in partenza – ho pensato.
Naturalmente, di questo ho parlato subito e con la massima franchezza con la curatrice, la quale mi ha invitato a superare l’impressione iniziale leggendo il libro. E ha fatto bene. Fin dall’introduzione si comprende che la materia è ben articolata e soprattutto che la ricerca parte dal presupposto che, appunto, nel mondo antico i casi di violenza sulle donne erano molto più frequenti di quanto non traspaia dalle fonti. E proprio per tale ragione era necessario cominciare a fare ordine sul tema. Di qui l’idea di raccogliere le diverse categorie di fonti che potessero riportare informazioni attinenti usando uno sguardo più ampio possibile.
Il titolo, quindi, serve, a far capire ” al volo” di che cosa si tratti, salvo poi porsi nella giusta ottica di una ricerca che nasce faticosa in partenza.
Lo status giuridico della donna nel mondo antico
L’idea della Lo Blundo è sostanzialmente quella di far parlare le donne del passato, quasi dando loro un’ultima chance di ribellione e di salvezza facendo sapere ai posteri la loro travagliata storia. Fondamentale, a tal proposito, è il primo capitolo, curato da Giulia Santini, che spiega l’apparato giuridico in vigore nell’età imperiale.
Lodevole è l’impegno profuso dall’autrice di imbattersi in un tema tanto complesso, associato, storicamente, al nome di Eva Cantarella, esperta e docente di diritto romano e autrice dei più importanti saggi sul tema della donna nell’antichità. La Santini, per quanto giovanissima, si è orientata molto bene nella materia, manifestando una lucidità e una chiarezza notevoli rispetto a un tema intricato. La sua disamina delle norme del diritto sulla condizione femminile nel mondo romano è sintetica, chiara e sistematica.
Leggendo la parte relativa alla condizione giuridica della donna, si ripercorre la storia delle tante arterie nelle quali si articola il nostro sistema sociale, per certi versi, ancor perfettamente conservato, e diciamo pure conservatore. Dalla sottomissione alla patria potestà, prima del padre poi del marito, e financo di terzi, alle regole per il matrimonio, e alle inevitabili pene per adulterio, tradimento e abbandono del tetto coniugale.
Le precisazioni normative concepite dallo Stato romano, dall’età arcaica all’età imperiale sono tante e tali che talvolta ci si perde, mentre traspare con chiarezza la necessità, fin dai primordi, di regolare e spesso reprimere la figura femminile.
Ruoli, stereotipi e sfera sessuale
Il secondo capitolo è curato da Elisa Mancini, archeologa dalla raffinata sensibilità per tutti gli aspetti relativi alla sessualità nel mondo antico. L’avrete sicuramente adocchiata su Instagram, giacché il suo profilo artistico si chiama @archeoporn e, se per caso vi fosse sfuggito, recuperatelo subito: qualità e scientificità associati alla sessualità nel mondo antico, come mai si è visto sui social.
La Mancini firma due contributi, uno sugli stereotipi di genere nella letteratura (capitolo II) e uno sulla sessualità (capitolo III). Il capitolo sugli stereotipi è ricco di citazioni dalle fonti letterarie, nelle quali emerge la visione di una donna che anche quando manifestasse le migliori qualità, era sempre un gradino sotto al maschio narratore, con rare eccezioni.
La donna di cui si parla di più in questi primi capitoli, poi, è Giulia, la docta puella figlia di Augusto, aristocratica e intelligente, punita per adulterio, relegata – tra le altre destinazioni – sull’isola di Ventotene, che abbiamo visitato a fine settembre in uno dei nostri viaggi archeologici “Muri per tutti”. A leggere le parole di Plinio il Giovane per la sua terza moglie, poi, viene quasi da sorridere: “A ciò si aggiunge l’amore per le lettere, che ha concepito dall’amore verso di me. Possiede i miei libri, li legge e li impara anche a memoria ” (p. 89), classico caso di auto celebrazione dell’uomo e dei benefici che la sua vicinanza trasmettere agli altri, moglie compresa.
Il caso di Cerellia, amica epistolare di Cicerone, si pone invece quale testimonianza di una donna acuta e intelligente, ma ha un limite intrinseco, come tutte le donne, rispetto alla comprensione del pensiero filosofico (p. 90). Questo, generalmente, era il pensiero maschile sulle donne, una inferiorità sancita dalla legge e, quindi, espressa senza riserve sia in opere letterarie, che in intime epistole.
In tale quadro, culturale e normativo, hanno operato anche donne dalla forte personalità, come Livia, la quale in fin dei conti, con pazienza e astuzia, è riuscita a vendicare la morte per sudicio del padre, causata dai piani del giovane Ottaviano, poi suo marito. Un matrimonio dalle tinte fosche, nel quale l’antico lignaggio della matrona della gens Claudia ha pesato, e molto, nei giochi di potere della casa imperiale, al punto che lo stesso Augusto, l’uomo più potente del mondo, a quel tempo, concesse a lei e alla propria sorella Ottavia di poter pensare da sé ai propri affari, senza l’obbligo di un tutore (p. 101).
La parte sulla sessualità, poi, è un piccolo capolavoro. Il talento della Mancini nel trattare il tema potenzialmente pruriginoso della pornografia nel mondo antico è risaputo. Mai una sbavatura, mai un ammiccamento – come invece ci tocca leggere e ascoltare in certi comunicati ufficiali quando vengono fuori cose ‘piccanti’ da Pompei. Lo stile della Mancini è totalmente equilibrato e per ciò la narrazione circa gli aspetti più intimi del rapporto tra uomo e donna sono un vero viaggio sotto le lenzuola, in prospettiva intima ma anche storica.
Nulla per cui sconvolgersi, anzi, c’è tanto da imparare, se non altro perché gli antichi, per nulla avari di informazioni in tal senso, ci hanno trasmesso un rapporto decisamente aperto e diretto con il corpo, con la nudità, con la sessualità, tale che vale la pena approfondire l’argomento, sempre in ottica scientifica, chiaro. Su questo la Mancini non perde un colpo, è sempre completamente immersa nella materia eppure totalmente distaccata. Ammirevole.
Violenza di genere e femminicidio nella mitologia e nelle fonti
Nei capitoli quarto e quinto, a cura di Alessandra Randazzo, si affronta un tema complesso: il racconto di uccisioni di donne nel mito e nelle fonti. L’autrice, archeologa e giornalista, talvolta tenta di portare i casi esemplificati nel mito sul tavolo della cronaca dal passato: il mito ha un valore didascalico, certo, ma va preso per quello che è.
Indubbiamente, la lettura dei passi della storia della fondazione di Roma in cui si rievocano il sacrificio di Tarpea e di Lucrezia, merita sempre un’occasione in più. Giustamente, l’autrice ribadisce come non debba sfuggire il concetto che nelle vicende narrate dal mito la società romana “inneggi alla pudicizia come virtù necessaria alla sopravvivenza della stessa Res publica e delle sue leggi” (p. 165).
E su questo concetto si innesta una riflessione sulla fedeltà coniugale, sull’essere univirae, cioè devote ad un solo e unico uomo/marito, fatto che – aggiungiamo noi – per tutta una serie di ragioni, possiamo riconoscere come valore ancora nella società odierna profondamente segnata dalla cultura cattolica.
E la riflessione si conclude rimarcando la differenza – già affrontata giuridicamente da Santini nel primo capitolo – tra adulterium e stuprum. A distinguere i due atti non è tanto la consensualità della donna, come accade oggi, quanto il suo status sociale: se è sposata è adulterio, se è vergine o vedova è stupro.
Trai “casi eccellenti” che la Randazzo porta all’attenzione nel volume, leggiamo: Apronia, moglie del pretore Plauzio Silvano, che nel 24 dopo Cristo viene trovata morta precipitata dalla finestra di casa. Ponzia Postumina, una donna sposata a quanto pare molto venale, facile a concedersi ad altri, la quale ha una storia con il tribuno della plebe Ottavio Sagitta. Quest’ultimo, a dire il vero, perde la testa, ma nonostante lei nel frattempo avesse divorziato dal marito, di lui non ne voleva sapere. Era venale, dicono. Fu trovata morta nella sua camera da letto dopo che lui la supplicò di passare insieme un’ultima notte.
C’è poi la ben nota Annia Regilla, trovata morta quando era incinta di otto mesi e del suo omicidio fu accusato il marito, il ricco retore e precettore Erode Attico, console nel 143. Questa vicenda ci appare forse più familiare delle altre perché di lui conosciamo la storia, la tenuta e i beni; di lei conosciamo la tomba; di entrambi conosciamo anche le tante ricostruzioni, spesso fantasiose, che sulla morte di lei sono state formulate.
Lungi dall’essere una situazione chiara, perfino le strade ci ricordano questo ricco assassino del II secolo dopo Cristo, Certo, ad essere precisi lui non si sporcò le mani. A quanto pare incaricò un servo di percuotere la moglie incinta, già madre di quattro figli.
Si rievoca anche la storia di una donna della quale consociamo solo lo scheletro, trovato nella necropoli della via Collatina, il quale mostra segni inequivocabili di violenza. E infine, la disamina prosegue con il ricordo di Mallonia, una donna insediata dall’imperatore Tiberio, il quale, rifiutato, la trascina in tribunale con l’accusa di impudicizia.
La fonte è Suetonio e vale sempre la pena ricordare che Tiberio fu particolarmente inviso alle fonti letterarie. E questo è un tema che un pò sfugge nel contributo, cioè l’attendibilità delle fonti antiche, che sappiamo essere capaci di insinuare verità per abbattere la credibilità di un imperatore inviso.
La lista delle donne uccise note dalle fonti prosegue con Milonia Cesonia, amante di Caligola, poi con le tre donne di Nerone, Messalina, la madre Agrippina e infine Poppea – e anche qui, la causticità delle fonti va tenuta sempre a mente nel riportare i fatti narrati.
Poi si racconta di Bruzia Crispina Presente, giovane moglie di Commodo, il figlio di Marco Aurelio, accusata di adulterio, quando in realtà sembra che la sua colpa fosse di non essere riuscita a portare a termine la gravidanza. E così fu relegata a Capri e oggi il suo sarcofago fa bella mostra di sé su un balcone di una casa privata.
C’è poi Plautilla, la prima moglie di un giovanissimo Caracalla, la quale sposò il futuro imperatore ancora quattordicenne. Alle nozze fu invitato Cassio Dione. Il problema di questa giovane era suo padre, che aveva raggiunto gli alto ranghi della società romana e dunque fu premeditata la sua uccisione per toglierlo di mezzo. Ciò, quindi, si ripercosse sulla giovane Plautilla, prima relegata in esilio a Lipari col fratello e poi uccisa non appena Caracalla divenne imperatore al posto di Settimio Severo. Aveva solo 25 anni.
E infine, ci sono Prisca, Valeria e Fausta, morte al tempo di Costantino.
Il contributo dell’epigrafia
“Gli studi sulle donne nel mondo antico, e a Roma, spesso sono viziati da una visione maschilista chiusa nel periodo storico dello studioso e stereotipata appunto tra madri, vergini e prostitute” (p. 205). Così comincia il sesto capitolo, curato da Marina Lo Blundo e da Alessandra Randazzo e dedicato all’epigrafia.
La raccolta delle fonti è in realtà l’idea alla base dell’intero volume. Come spiega la Lo Blundo nell’introduzione, infatti, il progetto del libro è nato a partire dai post pubblicati sui canali social del Parco Archeologico di Ostia Antica a proposito delle donne uccise nell’antichità romana, delle quali conosciamo la storia grazie a reperti conservati appunto a Ostia.
I reperti, le fonti documentarie. Le uniche voci a noi (e a loro) rimaste.
E così, allargando l’orizzonte anche ad altri luoghi, si affronta il tema dell’uxoricidio, grazie alla iscrizione funeraria di Prima Florentia da Portus; l’omicidio di Iulia Maiana morta a Lione; l’uccisione per rapina di Iulia Restuta… E l’elenco continua, ma vale la pena leggere il libro per conoscere nel dettaglio le storie di queste tredici donne maltrattate, l’ultima delle quali nota da un’urna inviolata e quindi analizzata dal punto di vista antropologico.
La violenza sulle donne nell’arte e nella topografia
Il settimo capitolo, curato da Marina Lo Blundo, tratta delle rappresentazioni iconografiche della violenza perpetrata alle donne, specialmente dai contesti ostiensi.
Si cita, ad esempio, il mito di Aiace che stupra Cassandra dalla tomba 87 necropoli di Porto; oppure Ambrosia uccisa dall’ascia di Licurgo, rappresentata su un mosaico della Domus della Fortuna Annonaria, oppure il Ratto delle Sabine, raffigurato su un rilievo della Basilica Ostiense. Ma non sono gli unici e anzi, il quadro spazia anche al mito e all’arte greca.
Segue poi un ultimo capitolo, ancora a cura della Lo Blundo, dedicato alla suggestione di una possibile “topografia dei femminicidi a Roma“. La Rupe Tarpea, in memoria del sacrificio di Tarpa; Porta Collina, in ricordo del Campus Sceleratus dove venivano seppellite vive le Vestali; il Triopion di Erode Attico sulla via Appia che, in realtà, andrebbe ricondotto alla memoria di Annia Regilla.
Concludendo con le parole della curatrice
“[…]Tutto questo libro vuole essere una suggestione: in esso trattiamo un tema tanto antico quanto attuale. Lo abbiamo dissezionato, e scandagliato con la lente di tutte le nostre fonti a disposizione. Lo abbiamo analizzato, lo abbiamo fatto nostro. Ci siamo rese conto, mentre ciascuna di noi scriveva la sua parte, di quanto certe circostanze, certe consuetudini, siano dure a morire”.
Ecco, dal momento che anche io sono convinta che sia così, mi auguro che questo libro sia solo il punto di partenza di una piccola rivoluzione culturale. Lascio quindi con piacere il link diretto al blog di Marina Lo Blundo, dove potete trovare una storia del libro e dove acquistarlo.
Dal libro alle scuole
In conclusione ho il piacere di annunciare che proprio oggi, 25 novembre 2025, Marina e io svolgeremo il primo laboratorio sul Femminicidio – spero il primo di una lunga serie.
Insieme alla vulcanica storica dell’arte e docente Elisa Canetri, abbiamo ideato una attività didattica improntata sull’elaborazione del mito e delle fonti documentarie sul Femminicidio nel mondo antico in forma di laboratorio. Saremo insieme a circa cento ragazze e ragazzi dell’Istituto di istruzione Superiore di Pontecorvo, in provincia di Frosinone.
Non c’è spinta più propulsiva di quella che gli adolescenti sanno dare al mondo, perciò ci porremo in ascolto per raccogliere quel che un tema tanto antico, quanto ancora molto attuale, suggerirà loro. E colgo qui l’occasione per invitare tutti i docenti di scuola superiore interessati a un laboratorio attorno al libro di Marina Lo Blundo a contattarmi per parlarne e mettere giù un progetto, insieme.

Ne approfitto anche per ringraziare tutti i sostenitori del progetto Muri per tutti, che attraverso la partecipazione agli eventi e ai corsi di archeologia e le donazioni stanno sostenendo attivamente questa attività di divulgazione.
State pronti perché una bella novità è in arrivo.
Grazie per avermi seguita fin qui.
A presto, Valeria
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Buongiorno,sono un’insegnante di storia e filosofia del liceo classico Anco Marzio che è iscritta alla sua newsletter e , come può, la segue su YouTube sempre c
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Sentiamoci. Può scrivermi su muripertutti@gmail.com. Il laboratorio di oggi è stato molto, molto vivace e stimolante e merita di essere replicato!
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