Giorni fa ho visitato l’ultimo allestimento pubblicizzato dai Musei Capitolini su un tema decisamente intrigante: il curioso caso di Agrippa Postumo, il figlio scomparso di Agrippa – il famigerato collaboratore di Ottaviano Augusto – e Giulia – la figlia del Princeps.
Di che cosa si tratta? Come mi è parso l’allestimento? Ve lo racconto in questo post.
Piccola sala, piccola storia.
Comincio subito ringraziando Alessia D’Agostino, sostenitrice attivissima del progetto Muri per Tutti, con la quale ho condiviso questa esperienza.
Avevo lanciato l’idea di un sopralluogo aperto alla community sui social; Alessia ha aderito e ci siamo trovate in Museo.

Onestamente, mi aspettavo qualcosa di più di quello che poi ho trovato. Dalla locandina pubblicitaria alla comunicazione web a cura dei Musei Capitolini, l’affare Agrippa Postumo si presenta come un caso eclatante di attribuzione di un nuovo ritratto.
La realtà, a dispetto di quanto mi aspettassi, consiste in un unico punto espositivo, allestito nella Sala degli Arazzi, dove tre teste e due pannelli esauriscono il tema. Francamente speravo in qualcosa di più narrativo che giustificasse tale pubblicità, pur se allestito in uno spazio limitato.
Delusa? Moltissimo.

Un tema grande, volendo.
Eppure la questione di Agrippa Postumo non è poca cosa. O meglio, la sua storia è breve, brevissima, ma ciò che ci si sarebbe potuto raccontare attorno è grande, almeno quanto il desiderio, poi divenuta preoccupante ossessione, di suo nonno Augusto di avere un successore consanguineo.
Ecco, per come la vedo io, non è una questione di poco conto.
Dove si trova la sala degli Arazzi? Lungo il percorso verso la stata equestre di Marco Aurelio. Salito lo scalone e superata degli Orazi e Curiazi, si entra nella Sala dei Capitani e di lì, a sinistra, una porta conduce alla attigua Sala degli Arazzi.
Una sala, per inciso, strepitosamente bella, nella quale raramente si passa nel percorso di visita ordinario. Almeno, con questa occasione la vedrete.

Tornando ad Agrippa, la questione dell’erede ripudiato è presentata così:
Appena entrati c’è un pannello istituzionale che presenta, al solito, i nomi delle istituzioni e dei curatori della mostra: il Sovrintendente Claudio Parisi Presicce, Eugenio La Rocca e Laura Buccino.
L’occasione è funzionale a introdurre la Fondazione Sorgente Group, della quale non se ne sa molto di più, ma che è rilevante in quanto prestatrice di una delle tre teste di Agrippa esposte e riunite, “per la prima volta”, come recita il panello, in questa circostanza.
Con cotanti curatori, avrei amato sapere ogni dettaglio delle teste ritratto di Agrippa, ma sfortunatamente non sembra essere questo l’obiettivo dell’esposizione.
Diversamente, a dispetto del tema più che suggestivo, che poteva essere sviluppato allargandolo alla familia Caesaris, agli oggetti della vita quotidiana del tempo, ai luoghi toccati da Agrippa durante la sua breve e sfortunata vita, o ancora, al tema delle differenze stilistiche tra i tre esemplari, di fatto, non si parla di niente.
Di niente.

Agrippa Postumo: una vita breve e difficile.
Ma quindi, perché parlare di Agrippa Postumo?
Avrete capito dalla premessa che la mia deduzione è la seguente: nuovo accordo con questa non meglio identificata Fondazione Sorgente Group, un bel pezzo in loro possesso, presumibilmente identificabile con Agrippa, bene, esponiamolo con altri ritratti per rafforzare l’ipotesi, facciamolo ai Capitolini (e dove, se no?) e prendiamo un paio di altre teste “facili” da recuperare: una locale, l’altra dagli Uffizi.
Non vi scaldate: dal mio punto di vista di consumatrice di cultura con una buona esperienza anche da conoscitrice (e sì, anche docente), mi sono un po’ scocciata di questo pressappochismo.
In sostanza, tutto ruota attorno a un accordo tra enti e non alla volontà sincera di raccontare qualcosa di nuovo al pubblico, coinvolgendolo in un percorso di conoscenza, anche fosse entro una unica sala (magnifica per altro).
E allora atteniamoci ai fatti: leggiamo l’unico pannello informativo dell’esposizione, nel quale si ripercorre succintamente la breve e tragica vita di Agrippa Postumo.

Da un lato, sono raffigurati i suoi parenti: il nonno Augusto, il padre Agrippa, la madre Giulia e i fratelli Gaio e Lucio.
[e non sarebbe stato bello intrecciare una storia materiale anche con questi altri personaggi?]
Dall’altro, in due lingue (quindi il testo occupa la metà dello spazio), è sintetizzata la sua biografia. Agrippa è il figlio di Giulia, vale a dire il nipote di Augusto. È anche il fratello di Gaio e Lucio Cesari, i due ultimi eredi designati, entrambi morti in giovane età prima di lui. Per questo il Princeps dovette pensare a un altro piano ereditario, così pensò di adottare Tiberio, il figlio di Livia e Tiberio Claudio Nerone, e anche Agrippa, unico rimasto tra i propri diretti consanguinei.
Agrippa, quindi, divenne Caesar nel 4 d.C., ricevendo molte onorificenze; ma già nel 7, per via del suo caratteraccio – così dicono le fonti – fu ripudiato e allontanato.
Fu esiliato prima a Sorrento, poi a Pianosa. Alla morte di Augusto, nel 14 d.C., il perfido Tiberio, preso il posto di Augusto, lo fa uccidere.
E così, la fiera Livia portò a compimento il suo diabolico piano di vendetta, adoperandosi per far sparire tutti gli eredi consanguinei del marito. E torno qui a suggerirvi la lettura della sua biografia storica scritta da Lorenzo Braccesi.

Sulla base di queste poche ma precise date, i ritratti esposti in sala sono tutti datati al periodo 4-7 d.C.
E questa è l’unica informazione data sulle tre teste ritratto.
Sicuri che sia Agrippa?
Come si fa a dire che le tre teste, non esattamente identiche tra loro, ma certamente simili e dal potere magnetico, raffigurino Agrippa?
Ecco: avrei voluto sapere questo dai curatori. La loro innegabile esperienza in fatto di teste laureate avrebbe potuto spiegarci in modo facile e profondo il senso di queste tre teste ritratto, il modo in cui guardarle, portandoci a capire il significato di quelle rughe sulla fronte, il significato dello sguardo corrucciato (che fa tanto pensare al padre Agrippa) e della vistosa rotazione del collo (influenza ellenistica nel ritratto romano aristocratico?) e così via.
E forse, avrebbero anche potuto spiegarci perché il busto dagli Uffizi rechi la scritta “Caligula”, relitto – presumo – di una precedente identificazione, anche lei storicizzata.
Ecco, perché non ci spiegate questi dettagli? Perché il vostro più grande desiderio, ancora una volta, sembra essere quello di firmare l’ennesima curatela, di sottolineare le nostre mancanze, di farci sentire sciocchi se pensiamo che siano ovvietà?
Perché ?

Mi rammarico del fatto che nessuno obietti nulla a questo uso personalistico del patrimonio culturale pubblico, ponendo spesso noi fruitori di fronte a scelte poco comprensibili, e quand’anche rilevanti per lo sviluppo della conoscenza, poco o nulla spiegate.
“Riunite per la prima volta”
E questo è il ritornello che accompagna, da qualche anno a questa parte, le “mostre” ai Musei Capitolini, ma non solo, anzi, a dire il vero la frase ha caratterizzato esposizioni sia nei Musei Civici che nei Musei statali.
Penso alla mostra “Augusto” alle Scuderie del Quirinale, dove certamente fu allestita una indimenticabile “prima volta”, con pezzi strepitosi separati dalla loro originaria unitarietà e finalmente ricomposti in mostra (come i rilievi Grimani) e dove, pur nella sequenza di teste di marmo (una firma, oramai), si spaziava nel tempo e nelle forme.
Penso a “L’istante e l’eternità” al Museo Nazionale Romano, Terme di Diocleziano, un impensabile guazzabuglio senza cura né logica di reperti di ogni tempo, dove perfino gli esperti facevano fatica a raccapezzarsi.
Occasioni, secondo me, potenzialmente ottime, ma totalmente sprecate, di far entrare il pubblico, di esperti e non, nel vivo della riflessione scientifica sull’arte classica e la cultura romana antica e moderna.
Osservando da più di tre lustri i risultati offerti nelle occasioni che anche voi avrete visitato, mi domando se ci sia poi, realmente, una riflessione scientifica in corso.
A me arriva sempre lo stesso messaggio: scusaci, Valeria, ma dobbiamo fare e far fare carriera. E se vi capitasse di leggere i bandi pubblici nei quali si determinano i requisiti per accedere, che so, alla pubblica Università o al Ministero della Cultura, e persino ai Musei Civici, capireste cosa intendo.
E sì, mi illudo che ogni curatore di ogni singola mostra abbia in mente, quasi per nome, i futuri fruitori, bambini e adulti, della mostra che allestiscono, per la crescita e il benessere della collettività.
Era per questo che servono i Musei, giusto ? Nel dubbio, riporto qui sotto la definizione di Museo approvata a Praga nel 2022 e riportata sul sito dell’ICOM:
Il museo è un’istituzione permanente senza scopo di lucro e al servizio della società, che compie ricerche, colleziona, conserva, interpreta ed espone il patrimonio culturale, materiale e immateriale.
Aperti al pubblico, accessibili e inclusivi, i musei promuovono la diversità e la sostenibilità.
Operano e comunicano in modo etico e professionale e con la partecipazione delle comunità, offrendo esperienze diversificate per l’educazione, il piacere, la riflessione e la condivisione di conoscenze.
Praga, 24 agosto 2022
Ecco a voi le teste.
Pensando a chi non avrà modo di vedere queste teste dal vivo, lascio qui per voi le fotografie che ho scattato alla mostra.



Non buttiamoci giù.
Prendendo in prestito il titolo di un libro di Nick Hornby, che a suo tempo amai per il suo stile scanzonato di raccontare cose tragiche, invito tutti noi a continuare ad avere fiducia nel futuro e nelle nostre che verranno.
Voglio credere che il 2025 accoglierà nuove proposte e circostanze stimolanti e innovative di crescere attraverso il nostro patrimonio culturale e il contribuito di chi lo gestisce per nostro conto.
Vedrete, sarà così.
Nel mentre, sappiate che per vedere Agrippa avete tempo fino a fine Aprile.
Se avete la MIC avrete accesso gratuito alla sala essendo all’interno dei Musei Capitolini.
Se, come me, avete la tessera Icom, invece, dovrete pagare 2€, poiché la politica dei Capitolini impone un obolo quando si visita il museo in presenza di mostre.
Vale sempre la pena di visitare nuove esposizioni, anche se il racconto di ciò che andrete a vedere è inesistente o debole. E allora armatevi di fantasia, scattate foto e chiedete lumi a chi nella Community ha dimostrato di saperne.
E per questo ringrazio in chiusura il dott. Giacomo Presciuttini (@lagrottaditiberio), che nelle sue storie su Instagram (e poi in uno scambio di messaggi tra noi) ha detto molto più di quanto abbia potuto fare io qui.
Arriverà presto, spero, il giorno in cui per le nuove esposizioni nei Musei di Roma, saranno chiamati a raccolta i giovani ricercatori, i quali sapranno senz’altro testimoniare con passione la loro profonda conoscenza e – ne sono certa – il loro desiderio di condividerla con il pubblico.
Vi auguro di sognare sempre in grande e di guardare all’arte con curiosità e fiducia. Il resto, verrà.
Alla prossima, Valeria
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