È notizia di qualche giorno fa che il Parco Archeologico del Colosseo avrebbe siglato un accordo con il colosso dell’accoglienza turistica, Airbnb, nel quale, a fronte di una elargizione di un milione e mezzo di euro, per l’allestimento del nuovo museo dei sotterranei (così si intuisce dal pezzo di Laura Larcan su Il Messaggero), avrebbe concesso ai clienti di Airbnb di prenotare un’esperienza esclusiva di tre ore, il 7 e 8 maggio, comprensiva di cena alla romana, armatura e combattimento gladiatorio.
E la chiamano valorizzazione.
Quando ho letto questa notizia, anche perché in tanti me l’avete inviata e segnalata, mi sono domandata quale potesse essere la ragione di tutto ciò.
Non so se l’ho capita, e forse ce ne sono altre e forse anche importanti, che, tuttavia, al momento non riesco a cogliere.

Magari verrà fuori che era una burla, magari si scoprirà che non è questa l’esperienza e che non è vero che il Colosseo sarà riservato in questi termini a chi contribuirà a pagare questa “tassa” per poter ottenere un finanziamento per la valorizzazione dell’anfiteatro. Il quale, a conti fatti, non pare ne abbia bisogno essendo il monumento più visitato d’Italia e forse anche del mondo.
Sicuramente avremo capito male.
Il fatto è, però, che esistono tante diverse declinazioni della valorizzazione del patrimonio culturale, che è, per definizione, pubblico e universale.
Personalmente non mi entusiasmano gli usi personalistici dei luoghi pubblici, specie se si tratta di Musei o monumenti usati come fossero il salotto di casa propria (e questo lo avevamo già constatato a proposito della sconclusionata mostra “L’istante e l’eternità” allestita alle Terme di Diocleziano).
Può essere considerata valorizzazione l’apertura in via esclusiva dei sotterranei del Colosseo a un ristretto numero di clienti di un colosso del turismo, solo perché lui elargisce i finanziamenti per allestire una nuova sezione espositiva?
Non so, può essere?
E vi faccio un’altra domanda: siete mai riusciti, da singoli, a prenotare un biglietto per visitare i sotterranei e l’arena senza agenzie?
Il mio problema è che nella normalità di turista medio che da solo vuole visitare il Colosseo, saperne qualcosa senza dover per forza prendere una guida o una audioguida, la vita è molto dura. Paradossalmente, è più facile visitarlo e conoscerlo a fondo da special guests.
E non mi sembra giusto.
Il volo di Icaro.
Ancora una domanda.
Avete mai sentito parlare del “volo di Icaro”? Ecco, si tratta di un supplizio in voga nei teatri nel I secolo. La fonte che ce ne parla è Suetonio a proposito della vita di Nerone, che era famoso per offrire spettacoli per se stesso e per il pubblico, durante i quali faceva inscenare incendi (cattivo Suetonio…) e, per farsi amare, regalava qualsiasi cosa ai plebei, da semplici gemme ad animali e perfino schiavi.
Il supplizio si chiamava “volo di Icaro” perché prevedeva che il malcapitato, solitamente un criminale comune condannato alla pena capitale, veniva issato con una gru (in latino si chiamava capra) sopra alla scena e, dotato di ali posticce, doveva librarsi in volo.
La scena raccontata da Suetonio nella vita di Nerone finisce con “Icaro” che si schianta accanto a Nerone spargendo schizzi di sangue ovunque che, per fortuna, non colpirono l’imperatore assiso.
Del volo di Icaro ci parla poi Marziale, il poeta di corte che, morto Nerone, cerca di fare fortuna presso i Flavi, i nuovi imperatori.
Nella sua opera, il De Spectaculis, ci racconta varie cose del mondo dei teatri e degli anfiteatri e in particolare i supplizi.
È da Marziale, fra l’altro, che possiamo trarre la più verace descrizione dell’inaugurazione dell’Anfiteatro Flavio nell’80, al tempo di Tito: perché lui era lì, sedeva sugli spalti e ha visto tutto.
Peccato che la sua opera ci sia giunta frammentaria. In ogni caso, la trovate in una comoda edizione BUR, vi suggerisco di procurarvela e leggerla subito!
Tornando al “volo di Icaro”, dai frammenti di Marziale sappiamo essere uno dei supplizi che ebbero luogo nell’anfiteatro dei Flavi.
Ditemi, lo sapevate ?
L’invenzione della via Crucis al Colosseo.
Risalirebbe al 1490 l’istituzione della prima Via Crucis all’interno del Colosseo nel Venerdì Santo. Si tratta di una tradizione ancora pienamente in vigore, come ogni anno avrete sicuramente notato quando al Telegiornale si inquadra il Papa, assiso sul pronao del tempio di Venere e Roma, che benedice la folla assiepata attorno all’anfiteatro.

La via Crucis al Colosseo ha avuto una vita tormentata. Tra Quattrocento e Cinquecento viene celebrata con varie interruzioni, e sembra che fosse proprio la volontà popolare a riportarla in auge ogni volta, mentre i Papi non avevano ancora deciso quale funzione dare all’edificio.
Sarà poi Clemente X a erigere, nel 1675, la prima croce di legno al centro dell’arena consacrando ufficialmente l’edificio alla memoria dei martiri cristiani. Un fatto storicamente non provato, nei termini in cui la mise il Vaticano, ma che ad oggi è ancora vivida memoria di un oscuro passato.
Specie durante la Via Crucis.
La terza vita: il Monumento.
Noi apparteniamo alla terza fase di vita del Colosseo. Non quella in cui fu luogo di spettacoli (o almeno, per ora no, ma chissà). Non quella in cui fu luogo residenziale (già, tra IX e XVI secolo è stato frequentato in modo stanziale), bensì quella in cui diventa un monumento pubblico, così come decise il Governo francese nel breve periodo in cui ebbe il controllo di Roma.
Negli anni 1793-1801, infatti, cominciano i primi studi scientifici dell’edificio a fronte dei primi sterri volti a ripristinare gli antichi piani di calpestio e l’antica funzione, o meglio, volendo cancella l’allora funzione di simbolo della cristianità.
Entro il 1820 furono costruiti i due speroni, cioè quelle strutture in mattoni dal profilo a scarpa, che sostengono le estremità del muro esterno ancora in piedi.

Oggi li chiamiamo Sperone Valadier, quello a ovest, rivolto verso il Foro Romano, e Sperone Stern, quello a est, verso San Giovanni, dai nomi dei due architetti che li pensarono e costruirono.
Fateci caso, sono diversi.
Quello di Giuseppe Valadier ricostruisce perfettamente l’architettura, perché risponde ai dettami del restauro mimetico.
Quello di Raffaele Stern, invece, segue la lezione del restauro romantico di matrice anglosassone e dunque invece di ricostruire coglie le pietre nell’atto di crollare. Un capolavoro che cattura in una istantanea il tempo che inesorabilmente passa e degrada.

Sapevate questa storia?
Ve lo chiedo anche perché ho notato che, nel momento in cui si cerca di prenotare i biglietti per entrare al Colosseo, bisogna azzeccare il punto di accesso all’ edificio proprio a partire da questi due nomi: Stern e Valadier. Che a questo punto sono diventati nomi di ingressi più che nomi di architetti.
Ve la dico in due video.
Tutto ciò premesso, ho deciso di raccontarvi la storia del Colosseo, le sue tante vite e le sue tante tracce, attraverso i libri e il mio canale YouTube.
Trovate già sul canale due video:
- Nel primo vi racconto un po’ di storia dei supplizi e delle battaglie navali, a partire dalla lettura delle fonti letterarie e delle tracce materiali: lo trovate cliccando qui
- Nel secondo facciamo la storia dell’edificio dalle sue date memorabili, che traggo da una gloriosa guida divulgativa scritta dalla ex direttrice nel 1996 (Rossella Rea, L’Anfiteatro Flavio, Roma 1996): lo trovate cliccando qui.
Infine, vi rimando al mio articolo “Un giorno al Colosseo: note e storie dai muri” che trovate cliccando qui per ulteriori approfondimenti.
Risorse bibliografiche
R.Rea 2001, Il Colosseo, teatro per gli spettacoli di caccia. Le fonti e i reperti, in “Sangue e arena”, pp. 223-243.
Concludendo.
A questo punto, inauguriamo questo nuovo filone di ricerca sulla percezione dei luoghi della cultura, alla quale sto lavorando, grazie anche al vostro aiuto, e che avrà nel Colosseo uno dei suoi fuochi.
State quindi pronti a visitarlo insieme, se vorrete, in una delle sessioni #muripertutti on the road.
Per finire, una dedica: questo articolo è per Alessandro Valoroso, promettente archeologo che sostiene Muri per tutti con la sua generosità e al quale auguro tanta ricerca e tanta bella archeologia in futuro!
Grazie per avermi seguita fin qui, vi aspetto nei commenti e nei luoghi che sapete. Con affetto, Valeria 💜
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