Inauguro la collaborazione con la casa editrice Carocci con la prima recensione dei volumi che ho ricevuto, e riceverò, in omaggio, con l’impegno di parlarne alla community per favorire la promozione della letteratura scientifica, specialmente quella con taglio divulgativo. È la sfida del momento.
Tuttavia, non tutti i libri che nelle intenzioni sono divulgativi, poi lo sono davvero, perché è davvero complessa l’operazione di tradurre questioni complesse in un linguaggio semplice senza rinunciare allo spessore dell’informazione.
Questo è, da qualche anno, il mio lavoro e il mio obiettivo qui sul questo blog e sui miei canali. Ed eccomi, quindi, a parlarvi del primo libro che ho scelto di leggere per voi: “Roma arcaica e repubblicana” (link non affiliato), dedicato a un tema tanto affascinante quanto complesso: le fasi arcaica e repubblicana della storia di Roma.

La collana: “I luoghi dell’archeologia”.
Comincerò presentandovi il contesto editoriale nella quale il libro si inserisce. I tre curatori, Andrea Augenti, Daniele Manacorda e Giuliano Volpe, hanno ideato la serie intitolata “i luoghi dell’archeologia” con l’obiettivo di illustrare
“a un pubblico ampio, non solo accademico, i luoghi dell’archeologia mondiale (città, siti, singoli monumenti), per restituire il senso della loro importanza nel mondo contemporaneo.”
Così recita la presentazione della serie, che si ripete all’inizio di ogni volume. Si tratta, quindi, di una serie che intende rivolgersi ad un ampio pubblico, di esperti e non, attraverso il racconto di luoghi significativi dell’ archeologia mondiale, a diverse scale di grandezza. La presentazione della serie prosegue poi con la descrizione della struttura dei volumi, che evidentemente è l’impronta che deve caratterizzare ciascuna edizione.
In sostanza, in ogni libro la sequenza delle informazioni parte dalle fonti, passa per l’archeologia e arriva al contemporaneo, sia in termini di percezione concettuale che di esperienza pratica.
I curatori: Andrea Augenti, Daniele Manacorda, Giuliano Volpe.
Se conosceste i curatori, capireste al volo il senso e penso anche l’importanza, della serie “i luoghi dell’archeologia” nell’ambito della letteratura scientifico-divulgativa, specialmente in un settore dove c’è una una distanza accentuata tra gli esperti e il resto del pubblico, che non ha accesso ai luoghi dove l’informazione aggiornata è conservata: le biblioteche specializzate.
E proprio per questo spendo due parole per presentarli, non certo perché abbiano bisogno della mia presentazione, ma perché so che, tra il pubblico dei non addetti ai lavori, potrebbe esserci chi vorrebbe saperne di più o almeno sapere dove andare a curiosare. E dunque procedo, brevissimamente.
Tutti e tre sono (o sono stati) docenti nell’ambito delle Metodologie della Ricerca Archeologica, prendendo poi specifici indirizzi di ricerca. Manacorda, ora in pensione, ha letteralmente costruito il pensiero archeologico contemporaneo attraverso la riflessione metodologica ed è stato docente di Metodologia prima a Siena poi a Roma Tre. Augenti è docente di Archeologia Medievale a Bologna, mentre Volpe è docente della stessa materia all’Università di Bari.
Tutti e tre, poi, lavorano parallelamente alla divulgazione scientifica. Manacorda lo ricorderete per le sue impeccabili rubriche sulla rivista “Archeo”, una pratica di dedizione al pubblico dei non addetti ai lavori cominciata negli anni ’80, quando scrisse il primo articolo sugli scavi allora appena cominciati, e da lui diretti, alla Cripta di Balbo a Roma. Praticamente una nuova stagione dell’archeologia del Novecento stava nascendo, trovando subito una sponda nella divulgazione. Accanto alle rubriche, poi, ha pubblicato vari altri testi sui temi dell’archeologia urbana e del patrimonio culturale, ammetto da allieva, non sempre facilissimi da digerire benché nati per divulgare.
Augenti, oltre ad aver pubblicato libri divulgativi come “A come archeologia. 10 grandi scoperte per ricostruire la storia” (Carocci 2018) e “Scavare nel passato. La grande avventura dell’archeologia” (Carocci 2020) ha e condotto per Rai Radio Tre il programma radiofonico Dalla terra alla storia dove racconta le grandi scoperte archeologiche e il mestiere dell’archeologo: puntate coinvolgenti e appassionanti, da ascoltare e riascoltare.
Volpe, infine, tra le altre, ha inaugurato la recente riflessione su quella che in Italia ora si chiama Archeologia Pubblica, proprio a partire da un saggio, “Archeologia Pubblica. Metodi, tecniche, esperienze (Carocci 2020), nel quale ha riassunto le idee e i luoghi di origine della prassi della “public archaeology” per innescare la discussione in Italia, in senso teorico e pratico.
Nel mio piccolo, con una formazione metodologica e un’esperienza diretta in progetti di archeologia pubblica mirati a costruire uno scambio reciproco tra ricerca, enti di tutela e società civile, sono attivamente impegnata in questo ambito da molti anni. Dopo varie peregrinazioni professionali sono approdata finalmente al nuovo continente “Muri per tutti” e ora sono qui intenta a scrivere per voi la prima di una, spero lunga, serie di recensioni delle pubblicazioni che aspirano ad aprire un orizzonte verso il vasto pubblico degli appassionati.
L’autrice: Rita Volpe.
Mi è parso doveroso fare una premessa sulla serie e i suoi curatori e sarà sempre troppo tardi quando si comincerà a mettere le fotografie degli autori accanto ai loro nomi insieme all’anno di nascita. Dite che porta male? Io non credo, penso, anzi, che sarebbe molto utile per orientarsi ai convegni e nelle occasioni di incontro.
Alcune volte, però, sei abbastanza fortunato da conoscere personalmente l’autrice al punto da avere qualche piacevole aneddoto da rievocare. Nel caso di Rita Volpe, non solo ho il piacere di conoscerla, ma ho avuto anche il privilegio di stringere alcune collaborazioni con lei. Esatto, un vero privilegio e ora vi spiego il perché.
Sapete, l’aspetto più bello di avere un blog personale è, per me, la possibilità di parlarvi senza costrizioni o etichette dettate dal mondo dell’archeologia per come l’ho frequentato per più di vent’anni. Quello degli archeologi è un mondo strano, paradossale, nel quale si toccano le viscere della Storia, si sfiorano le alte vette della riflessione metodologica, per poi precipitare negli inferi delle rivalità e delle lotte intestine, per cui ti domandi anche che fine abbia fatto la missione per la Ricerca.
Altri contesti di lavoro non sono da meno, ma per fortuna ci sono degli astri che brillano diradando le tenebre e una di questi è Rita Volpe. Come l’ha definita una cara collega comune, è “un faro” dell’archeologia, grazie alla sua disciplina del lavoro, alla sua lucidità nella ricerca e alla sua visione sempre lungimirante.
Con Rita Volpe ho condiviso l’emozione fortissima di riaprire i cancelli del Sepolcro degli Scipioni nel dicembre 2011, dopo diversi decenni di chiusura. Il complesso archeologico, situato lungo il primo miglio della via Appia a Roma, era stato inaugurato nel 1929 dopo tre anni di sterri febbrili e ricostruzioni, per poi essere di nuovo chiuso pochi anni dopo e dimenticato. Rita Volpe, in qualità di funzionario della Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, ne aveva la responsabilità di gestione e riuscì, insieme ad una squadra di colleghi, a riaprirlo al pubblico.
Per l’occasione furono organizzate delle aperture speciali dove archeologhe specializzate sul tema guidavano gruppi contingentati all’interno del Sepolcro per sei volte al giorno. Le “guide” eravamo Federica Rossi (ora in forze nella Sovrintendenza Capitolina) e io. E Rita Volpe, in quel frangente, ci ha insegnato a leggere ogni singola traccia del Sepolcro, ogni epigrafe, ogni resto di pittura e ogni aggiunta apparenemente irriconoscibile dei restauri fascisti (la sua più grande intuizione!).
Come potrete capire, esperienze del genere lascerebbero un segno indelebile al più insensibile degli umani: figuratevi a una pasionaria come me. Ed è da esperienze così, poi, che emerge la vera qualità delle persone, nonostante siano quotidianamente schiacciate da gerarchie asfissianti e meccanismi perversi che offuscano la visibilità del lavoro individuale. L’aneddoto che vi ho raccontato, quindi, ha il solo scopo di presentarvi a modo mio l’autrice del libro: voglio che sia chiaro che ha toccato con mano una pagina tanto famigerata quanto lontana della storia di Roma repubblicana incarnata dagli Scipioni. E ve ne accorgerete per come ve la descrive.
Nel suo ruolo di funzionario archeologo per la Sovrintendenza Capitolina, naturalmente, Rita Volpe ha avuto molti altri cantieri da seguire e, per quella sua speciale dedizione alla ricerca sul campo, ha potuto e saputo scavare contesti fondamentali per la conoscenza delle fasi più remote di Roma, sia in città che nel Suburbio, anche lì, toccando con mano i piloni dell’Aqua Marcia, le Mura ‘Serviane’, ville rustiche e poi complessi strepitosamente affascinanti (anche se di epoca successiva) come le Terme di Traiano al Colle Oppio (di queste ne parleremo sul campo prossimamente!).
E ha sempre pubblicato ogni sua ricerca.
Sempre e nonostante tutto.
Ecco perché avevo aspettative altissime per questo suo librino, conoscendo bene la sua energia e la sua preparazione e intuendo la sua sempre piacevole e diretta scrittura scientifica. Una scrittura generosa e garbata che ha trovato eccellente espressione nelle pagine di “Roma arcaica e repubblicana”.
Il tema: Roma arcaica e Repubblicana.
Il tema è intrigante e complesso. E anche vasto. Come si può riassumere in 151 pagine formato A5 circa un periodo che va dal 753 a.C. al 27 a.C., se proprio vogliamo tagliare il tempo con l’accetta? Un’ipotesi del genere penso scoraggerebbe chiunque, specialmente gli archeologi, che da noi sono educati proprio in certe aule universitarie a comporre periodi di almeno 15 righe con non meno di 7 subordinate.
E qui veniamo al primo punto che ha a che fare con l’editoria scientifica con un taglio divulgativo: tagliare si può e si deve fare. Rita Volpe lo fa bene, secondo me. Tutto sta a prendere bene la mira per il tiro: domandati a chi ti stai rivolgendo, non perderlo mai di vista e usa le parole adatte a farti capire. E Rita Volpe lo fa bene, secondo me.
Potete stare sicuri infatti, che al termine della lettura si materializzerà nella vostra mente una bella suggestione di quale sia il senso del titolo “Roma arcaica e repubblicana”. Chiaramente non è un saggio storico, non è una rassegna di scavi, non è un libro che debba dare conto del dettaglio.
Esattamente l’opposto. Per come l’ho percepito, e molto apprezzato, è un libro che vi restituirà l’anima di un tema di ricerca, con i suoi tempi e i suoi metodi, i suoi personaggi cruciali, le sue date fatidiche, i suoi resti monumentali e persino la sua penetrazione nell’immaginario moderno. E quel che secondo me rende questo libro particolarmente valido e prezioso per la divulgazione è che l’autrice ha toccato con mano quel che vi racconta. Ciò si percepisce dalla lucidità con cui tiene a bada il dato (spesso ancora discusso o frutto di annosi dibattiti), dalla chiarezza con cui inquadra i protagonisti e gli eventi, e infine dalla semplicità con cui vi porge le questioni.
L’indice: dal passato al presente.
La struttura del libro è articolata in una introduzione (il cui incipit è spettacolare) e in cinque capitoli, che spaziano dal passato al presente, dal punto di vista delle fonti scritte, e della loro elaborazione, del mito e della storia del sito, dell’archeologia dei resti e della percezione nel mondo contemporaneo, con un capitolo finale dedicato ai musei trove poter trovare reperti pertinenti.
Trascrivo qui di seguito solo i titoli, senza i sottotitoli (tanto già so che lo acquisterete e divorerete!):
- introduzione
- 1. Le fonti, gli studi, gli scavi e le scoperte
- 2. Il sito, la leggenda, la storia
- 3. L’archeologia
- 4. Miti, simboli, spunti e ricordi
- 5. Visitare e comprendere la Roma più antica.
Senza dirvi troppo del libro, lasciandovi il piacere di scoprilo pagina dopo pagina, voglio solo darvi qualche spunto sparso.
Leggendo il primo capitolo, ad esempio, comprenderete i limiti spaziali e temporali della Roma delle origini e le implicazioni del paesaggio antico nella formazione della società della “prima Roma”; e poi comprenderete anche perché se ne sa così poco, o almeno, se ne è saputo poco fino a quando Giacomo Boni nel 1899 e poi la scuola di Topografia da una parte e la scuola di Archeologia stratigrafica dall’altra con le loro indagini nell’area del Foro non hanno cominciato a diradare il buio attorno alle fasi più antiche della storia di Roma.
Leggendo il secondo capitolo ripasserete un pò di Storia. Dalla leggenda della fondazione di Roma fino all’assassinio di Cesare, ripercorrerete i momenti cruciali della formazione della personalità di Roma e dei romani antichi, senza mai perdere di vista i luoghi in cui le vicende si sono svolte.
Leggendo il terzo capitolo affonderete nelle viscere di Roma. Qui sarete ancorati ai resti archeologici, ai reperti e alle scoperte che hanno illuminato la conoscenza sul passato più antico della città. E qui troverete tutta la qualità della narrazione, semplice ma esperta, di Rita Volpe, frutto della sua lunga esperienza di ricerca in contesti urbani e suburbani. Già, perché giusto Rita poteva includere anche il Suburbio, restituendogli la giusta dignità, in un librino divulgativo di poco più di cento pagine.
Leggendo il quarto capitolo tornerete al presente e ritroverete, penso, molti ricordi di vita e cultura italiana nel racconto degli esempi nei quali il passato di Roma, per quanto spesso travisato, abbia guidato vere e proprie mode e rivoluzioni.
Leggendo il quinto capitolo, infine, potrete prendere nota dei Musei nei quali scoprire i frammenti della Roma arcaica e Repubblicana. Sul versante comunale (per capirci con i residenti: Mic Card) i Musei Capitolini, con i resti del Tempio di Giove Capitolino e le sue decorazioni in terracotta; la Centrale Montemartini, dove si conserva la gran parte dei resti di età arcaica e repubblicana trovati nel sottosuolo di Roma: le pitture delle tombe medio repubblicane “Arieti” e “dei Fabii”, il sepolcro di un Cornelio, antenato dei Corneli Scipioni, e tanto altro; il Museo della Forma Urbis e specialmente il giardino dell’Antiquarium con le due tombe repubblicane (da Testaccio e dalla Salaria) rimontate nel ventennio.
Riassumendo: tanti pro e un auspicio.
Stile impeccabile, chiaro e semplice, con termini tecnici sempre spiegati.
Bibliografia presente ma nessuna interferenza nella lettura né nella comprensione dei fatti del racconto. Aggiornamenti utili da tenere sottomano (per gli addetti ai lavori)
Ottimo bilanciamento tra le parti.
Se proprio dovessi trovare un limite a questo libro, forse riguarderebbe proprio il quinto capitolo (i reperti nei musei), che trovo invece prezioso proprio nello spirito divulgativo di condurre finalmente il visitatore, con cognizione, a riallacciare un rapporto con i “disiecta membra” sparsi nelle varie sedi museali. Forse avrei fatto delle schede più puntuali sui musei e i reperti associati, più che un racconto discorsivo e un poco dispersivo.
Le immagini sono forse il punto dolente di queste piccole edizioni, perché il formato è piccolo e la carta leggera. Una buona soluzione è pensarle a tratto in modo che siano comprensibili e anche gradevoli all’occhio.
Con questo mio resoconto del libro, spero davvero di avervi invogliati ad acquistarlo e a leggerlo. Sicuramente è una buona sintesi per gli archeologi. Ancor di più, è un piacevole viaggio alla scoperta dell’archeologia e della percezione della Roma più antica e meno evidente oggi.
Ringrazio la casa editrice Carocci per avermi inviato il libro; si intende che la mia opinione è libera e sincera.
Grazie a voi per avermi seguita fin qui. Vi lascio il link al video sul mio canale YouTube nel quale ho recensito a caldo il libro di Rita Volpe, nel caso ve lo foste perso.
Alla prossima, Valeria💜
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4 pensieri su ““Roma arcaica e repubblicana” di Rita Volpe (Carocci, Ottobre 2024): la mia recensione.”