Il programma di sopralluoghi lanciato nell’ambito del progetto “muri e marmi”, ideato insieme ad Alessandro Mortera, si è arricchito di una nuova tappa, tanto magnificente quanto emozionante: Villa dei Quintili sulla via Appia antica.
In questo post vi racconto cosa abbiamo fatto, e come funzionano i nostri eventi “Muri per tutti” #muriemarmi, nella speranza che al prossimo appuntamento saremo ancora più numerosi!
Inevitabili Quintili

La storia della villa dei Quintili comincia da molto lontano. Su un pianoro di origine vulcanica, in posizione panoramicissima, qualcuno, di cui non consociamo l’identità ma con un buon occhio per le proprietà immobiliari, comincia a costruire una dimora al V miglio della via Appia.
Di questa casa originaria non si sa ancora molto, ma si sa che esiste, sotto la successiva e più grande villa dei Quintili.
Siamo nel pieno II secolo, villa Adriana è stata appena conclusa, Adriano è morto nel 138 e Antonino Pio ha preso il suo posto. I fratelli Quintili, Sesto Quintilio Varo e Sesto Quintilio Valerio Condiano, sono consoli nel 151, sono di rango senatorio e frequentano la famiglia imperiale.
Non ci deve sorprendere, quindi, che la residenza associata al loro nome ci sembri ancora così magnificente e impressionante, nonostante sia parzialmente distrutta.
Quando guardiamo alla sua estensione e alle sue maestose rovine, stiamo guardando agli effetti del comportamento sociale di due aristocratici in vista che, attraverso l’architettura e l’arredo di interni, hanno voluto manifestare la propria ricchezza e il proprio status.
Per sempre.
Perché proprio i Quintili ?

Come facciamo a dire che questa casa sia proprio dei Quintili?
Possiamo dirlo perché, negli anni 20 dell’Ottocento, l’area, di proprietà dei potentissimi Torlonia (parvenu francesi che fecero fortuna facendo i bancari del Papa), fu oggetto di scavi per la ricerca di antichità: esatto, si dice così. Non erano scavi per la ricerca storica, come potremmo definire oggi gli scavi stratigrafici di ricerca; bensì, erano in primis scavi per tirare fuori oggetti da collezionare, esporre nei musei, donare ai propri amici diplomatici. Poi, certo, la ricerca storica era implicita, ma seguiva altre regole e priorità.
In sintesi, è la coda della cometa del Grand Tour, il fenomeno turistico di massa nato per le ricche aristocrazie europee e d’oltreoceano, che giungevano allo stivale con lo scopo di conoscere l’antichità classica. È, dunque, una storia che nel XIX secolo ha ormai già tre secoli di vita e molte, affinate, procedure di ‘ricerca’. A questo proposito, per approfondire il tema del Grand Tour, che ovviamente aveva nella via Appia uno dei suoi assi principali, vi consiglio di leggere Souvenir del prof. Antonio Pinelli: una lettura irrinunciabile!

Dicevamo.
Gli scavi in questa tenuta Torlonia, detta Statuario, cominciarono perché vi erano resti emergenti di tutto rispetto: ad esempio, il caldarium delle grandiose terme private. E così, come fosse una grande X che indicava il luogo dove scavare, l’archeologo Antonio Nibby produsse la base della nostra conoscenza scientifica sull’edificio al V miglio dell’Appia, cominciando a scavare. Fu proprio lui, infatti, a trovare un segmento di un tubo dell’acqua in piombo (fistula plumbea) con impressi sopra i nomi dei Quintili. E di norma, il nome sul tubo dell’acqua ne indica il proprietario, come per la casa ‘di Livia’ sul Palatino.

E qui attenzione: la fistula spesso attraversava altre proprietà, quindi trovarlo in un dato punto non vuol dire, di per sé, molto. Ma nel caso dei Quintili, data la loro fama prospografica, data l’estensione della tenuta in cui la fistula è stata trovata, difficile fosse casa di altri.
Questo per spiegarvi come ragionano gli archeologi e come si usano determinati reperti.
I marmi

Abbiamo cominciato dai marmi. Questo perché, arrivando a villa dei Quintili da via Appia nuova 1092, abbiamo prima di tutto esplorato l’Antiquarium, un piccolo spazio che contiene alcuni tra i reperti più significativi della vita nella villa, dal II fino a oltre il III secolo.
Ci sono porzioni dei rivestimenti parietali, in marmo e ad affresco, ci sono sculture, sia di soggetto divino che ritratti, ci sono strumenti, ci sono monete.

Briciole, ovviamente, rispetto alla quantità di marmi a profusione che i Quintili avevano usato per tappezzare ogni centimetro della loro lussuosa casa. Ma questo è il destino dell’antico, dal Medioevo al Novecento. L’antico nutre le epoche successive, fornisce materiali da cavare e riciclare.
A Roma funziona così.
I muri

Lasciato l’Antiqurium, ci siamo avventurati nel meraviglioso Parco che oggi ospita i resti della villa.
Ci siamo fermati al pannello con la planimetria per spiegare subito un fatto fondamentale: oggi accediamo alla villa da tergo. Gli ospiti antichi sarebbero entrati dalla via Appia antica, dove, dove aver percorso un rettilineo pergolato (lo xystus) si sarebbero trovati al centro della proprietà, e a sinistra avrebbero trovato l’ingresso al settore pubblico. Se invece a entrare in casa fossero stati i Quintili o, supponiamo, i loro parenti, dallo xystus sarebbero andati dritti, raggiungendo così il quartiere residenziale definito privato.
La geologia dell’area

Il valore aggiunto di questa nostra esperienza “muri e marmi” è che dalla community stessa è “emerso” un team di professionisti. Tra loro, come vi ho raccontato nella pagina dei Collaboratori, c’è la geologa Patrizia Tosi, Prima Ricercatrice all’Istituto Nazionale di Geochimica e Vulcanologia.

Con la semplicità delle sue parole, ci ha spiegato – carta geologica di Roma alla mano – la complessità dei processi formativi che hanno portato, nelle passate ere geologiche, alla formazione del banco naturale sul quale insiste la Villa.
Tufo e leucitite sono i due prodotti vulcanici per eccellenza, che troviamo largamente impiegati nei muri delle strutture della via Appia.
Patrizia, poi, ci ha spiegato perché non si chiama BASALTO ma LEUCITITE: la ragione è chimica e ce l’ha dimostrato portando i minerali di cui sono fatti i due tipi di rocce.
Uno spettacolo.


Ancora muri


Dopo questa necessaria premessa, siamo partiti con l’esplorazione della Villa. Ci siamo inoltrati prima nel quartiere residenziale privato, analizzando una ad una le strutture in elevato e le tecniche costruttive.
Abbiamo rilevato la presenza di tre diversi paramenti: il classico attribuito ai Quintili, un’opera mista di bozze di leucitite e ammorsature e cinture in laterizio. Una particolare versione della mista tradizionale, che ho sempre pensato fosse legata al fattore pratico: il materiale si cavava letteralmente sotto i piedi.
La seconda è quella normalmente attribuita alla fase di Commodo, che secondo una versione della storia avrebbe fatto uccidere i Quintili, accusandoli di aver ordito una congiura contro la sua persona, e si sarebbe quindi impossessato della loro magione. Apportando alcune modifiche.
La tecnica è una magnifica opera normalmente detta ‘listata’, che presenta una alternanza regolare e costante di un filare di mattoni e uno di blocchetti di tufo. Una tecnica che, come ho rilevato nei miei studi recenti, non è affatto solo tarda, bensì elaborata alla metà del II secolo!
E questa, l’abbiamo visto, entra in contatto con la fase dei Quintili in molti punti.
La terza tecnica e l’opera testacea, che abbiamo rilevato non solo alle terme (ovvio, perché per ambienti caldi serve materiale refrattario al calore), ma anche nel settore residenziale privato. E si legge molto bene come tali interventi, di nuovo, vadano a modificare assetti precedenti.


Il bello è che tutto questo sembra essersi svolto nel volgere di 50 anni, perché a rivestire il tutto c’è una particolare combinazione di marmi in voga proprio dal III secolo in avanti!
Questo lo abbiamo appreso dal nostro Dr. Mortera, coadiuvato da Andrea De Rubeis per quanto riguarda gli aspetti cromatici e geografici dei singoli marmi.


Wow. Ci siamo resi conto che questo edificio è ancora sostanzialmente inedito. E come sempre diciamo: meglio così, c’è tanto da fare e noi saremmo ben felici di poterlo fare, un giorno.
Chissà !
Le terme

Diciamolo però: l’impatto frontale con la villa dei Quintili e il rango senatorio dei proprietari lo si ha alle terme.
Un gigantesco e spropositato impianto termale, concepito per uso privato ma nelle forme di un edificio pubblico.
D’altronde i Quintili avevano a portata l’esempio delle arditezze architettoniche di Villa Adriana appena conclusa, che abbiamo puntualmente ritrovato in alcuni dettagli costruttivi.

Il frigidarium, con quei suoi marmi spettacolari raccontati da Alessandro Mortera e Andrea de Rubeis, ci ha fatto sognare per un momento di essere ospiti dei fratelli Quintili. Ci siamo visti per un momento immersi nelle vasche panoramiche…
E poi il caldarium: quale incredibile costruzione di dimensioni spropositate, muri altissimi e finestratissimi, per recingere una enorme vasca gradonata per il bagno caldo.
Abbiamo notato poi un fatto: la fragilità di queste mirabolanti architetture, dove non si contano i restauri, le toppe, le guance di rinforzo, i cambiamenti strutturali per tenerla in vita.
Chi troppo vuole…
“Citofonare Quintili”

La nostra ultima tappa è stata fatta a quello che io, scherzando, chiamo il “citofono” dei Quintili.
Si tratta – i Quintili mi perdoneranno – di un grandioso ninfeo, vale a dire una fontana monumentale ornata con nicchie e statue e foderata di marmi. L’acqua doveva zampillare in maniera scenografica e attirare l’attenzione dei passanti.
Gli ospiti, quindi, non avrebbero trovato un citofono con il nome Quintili, bensì qualcosa di molto meglio: un enorme ninfeo zampillante, al V miglio della via Appia.
Nell’area antistante il ninfeo, poi, si conserva l’unico frammento di cornice modanata di pieno II secolo di tutta la casa, come ci ha illustrato il nostro Alessandro Caneschi, portandoci, al suo solito, fin dentro alle pieghe marmoree della decorazione.

Un solo frammento di cornice intagliata per tutta l’area è po’ poco, in effetti, ma vi ho spiegato quale è stato il destino della via Appia nei secoli.
E in questo ninfeo ne sono testimoni proprio le strutture di età medievale e rinascimentale che, dopo i Quintili, altri inquilini hanno tirato su per costruire un fortilizio/castelletto lungo la strada più importante di sempre.
La Community










In questo viaggio nel tempo e nello spazio, nella Roma bene dell’età Antonina, siamo stati, ancora una volta, un bel gruppetto di persone, che, come sempre nella tradizione Muri per tutti, ricordiamo uno ad uno, in ordine sparso:
Beatrice Musto, Flavia Failli, Ludovica Bellini, Fabiola Scascitelli, Alessia D’Agostino, Danilo Formichetti, Serafina Barbato, Paolo Imperatori, Stefania Mercuri, Livia Delfino e poi il team con Alessandro Mortera, Patrizia Tosi, Alessandro Caneschi e Andrea de Rubeis.

Grazie a tutti voi perché anche questa volta avete contribuito a finanziare il nostro libro “Muri e marmi” (titolo provvisorio 😉). La raccolta va avanti e il budget si fa sempre più incoraggiante. Grazie da tutto il team!

E grazie, ancora una volta, per avermi seguito fino a qui. Alla prossima! Valeria💜
📸 le foto dell’evento sono patrimonio della Community.
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