Sin da quando ho mosso i primi passi nell’ archeologia dell’architettura a Ostia antica, analizzando le fasi costruttive delle Terme del Nuotatore, ho imparato che occorre prestare molta attenzione alle soglie, o a quel che resta della loro presenza.
Vediamo insieme perché sono importanti e come andrebbero trattate nello studio di un edificio o di un complesso architettonico.
Identikit di una soglia

Per ‘soglia’ si intende quell’elemento solitamente in pietra – marmo o travertino, più raramente tufo – che marca il passaggio dal piano stradale all’interno di un edificio, oppure da un ambiente all’altro.
La soglia, come oggetto archeologico, racconta molte storie tanto delle fasi e dei percorsi vissuti all’interno di uno spazio, che del calpestio, del passaggio di persone su di esse, nel tempo.
Si da il caso, infatti, che nelle aule di archeologia (o almeno, in quelle che ho frequentato io a Roma), l’usura di una soglia è uno degli esempi con i quali spiega il senso di interfaccia negativa, vale a dire quella traccia immateriale prodotta da una azione (il prolungato calpestio sulla superficie).
Quante soglie consunte avrete visto nelle vostre peregrinazioni turistiche? Nessuna? Non ci credo. Pensateci un momento in più e vedrete che riaffioreranno le soglie consunte delle botteghe a Pompei o sulle scale degli edifici a Ostia antica o in qualche chiesa del mondo.

Ho sempre amato le soglie, specialmente quelle consunte, proprio perché sono uno dei pochi oggetti sui quali l’umanità costruttrice e frequentatrice di spazi ripercorre se stessa attraverso i secoli.
Nel momento in cui io metto il piede sulla soglia consunta di un edificio, sto ripetendo un gesto che in tanti hanno fatto prima di me, in un vita passata, in un’epoca remota. Eppure, siamo lì, loro ed io, sulla stessa soglia.
A voi, che effetto fa?
Soglie ostiensi
In uno dei miei ultimi sopralluoghi ostiensi ho fatto caso ad un paio di soglie particolarmente interessanti da un punto di vista metodologico.
Ora, non voglio annoiarvi con i tecnicismi del mio mestiere – la stratigrafia degli elevati – ma penso possa incuriosirvi che cosa si cela dietro a una soglia e quali informazioni essa ci può dare nell’ambito dello studio archeologico di un edificio.
E, come sempre dico e scrivo, Ostia antica offre un repertorio tra i più complessi e completi, tra le città di ambito romano, in fatto di architetture stratificate e, quindi, di soglie, piani di calpestio e fasi di vita di edifici e quartieri.
Dovete sapere, anzi, che la lettura in chiave storica delle soglie, e dei relativi piani di frequentazione che, a loro modo, documentano, è un fatto recente, almeno in ambito romano. Al tempo in cui Ostia fu sterrata, in concomitanza con la febbre edilizia per l’E42, tra il 1938 e il 1942, il fatto che la città portuale romana presentasse una stratificazione tale per cui era evidente che gli ultimi abitanti camminassero diversi metri più in alto di noi oggi, ed entrassero dalle finestre in una città piena di immondizie e detriti… ha ‘imbarazzato’ gli archeologi del tempo, ancora fortemente guidati da una visione storico-artistica dell’archeologia.
All’epoca, quindi, fu ritenuto inconcepibile lo spettacolo orrendo di una città semidistrutta così come veniva fuori dal terreno, che più che della ‘gagliarda’ architettura imperiale mostrava, beffardamente, il volto di una anziana rugosa e senza denti. Il tono di delusione e critica rispetto alle fasi tarde di Ostia si legge proprio nell’introduzione alla Topografia Generale, il volume edito nel 1953 Guido Calza (Direttore degli scavi) e Giovanni Becatti (docente di archeologia classica a La Sapienza) a conclusione e sintesi degli scavi condotti tra il ‘38 e il ‘42, e poi negli anni seguenti, fino al 1951.
Ricordo che, all’epoca delle mie ricerche per la tesi di laurea sulle Terme del Nuotatore, io, con la testa tutta piena di archeologia stratigrafica e contestuale, rimasi scioccata leggendo quelle parole su Ostia, sapendo che chi le aveva scritte aveva anche condotto gli scavi della città. Già, con quale approccio? Quale prospettiva storica ne aveva guidato gli interventi sul campo?
Allora ero solo una giovane studentessa che ancora non aveva avuto modo di approfondire il tema tanto spinoso quanto affascinante dell’archeologia in età Fascista. Lo avrei fatto proprio durante gli anni di ricerca sul campo per la preparazione della tesi di laurea.
Resta un punto fermo: la Topografia Generale di Ostia antica è un volume bellissimo e fondamentale per la conoscenza di Ostia antica, tanto quanto per la storia dell’archeologia italiana del Novecento (e infatti ne ho parlato in un mio recente articolo, potete scaricarlo dal box sottostante).
Tra l’altro è stato recentemente riedito a cura dell’attuale direttore degli scavi, Alessandro D’Alessio, e del funzionario archeologo Dario Daffara: lo trovate al bookshop degli scavi o sul sito della casa editrice, che ora è L’Erma di Bretschneider.


Durante i miei anni di formazione ho imparato anche a valutare ogni ricerca come il prodotto della propria epoca, degli approcci e delle mentalità vigenti, i quali, tendenzialmente, cambiano nel tempo (e non è affatto detto che si ‘evolvano’ in senso positivo).
Tornando alle soglie, se oggi Ostia antica ha un certo aspetto “imperiale”, lo dobbiamo in gran parte proprio agli interventi della prima metà del Novecento, eseguiti cercando di ripristinare la forma della città del II secolo, spesso rimuovendo le evidenze più tarde (che non sempre erano belle a vedersi e degne di nota).
In alcuni casi, invece, le strutture delle fasi tardo imperiali sono state risparmiate, perché mostravano un certo decoro architettonico: è il caso delle ricchissime Domus di IV e V secolo, per le quali Ostia è divenuta famosa nel mondo, e che infatti tratteremo nell’appuntamento autunnale di #muriemarmi (non perdetevelo!).
Ecco perché può capitare che qualche soglia sia rimasta sospesa a una quota ora priva di riscontro e che è il frutto di quel particolare momento della storia moderna di Ostia antica.
Tutto ciò premesso, passo a illustrarvi due soglie ostiensi, diverse tra loro per cronologia e, quindi, storia. Ora che sapete quale retroscena culturale (e operativo) c’è dietro alle architetture tardo imperiali ostiensi, sono certa che le guarderete sotto una luce diversa.
Soglia ‘in fase’ al Magazzino dei Dolia

La soglia in questione appartiene ad un edificio chiamato Magazzino dei dolia, situato nella Regio Terza, ossia quella compresa tra il Decumano e Via della Foce: la più lontana dall’ingresso agli scavi.
Il nome dell’edificio deriva dalla sua funzione: si tratta di un deposito per grandi contenitori di derrate, chiamati dolia defossa. Per forma e dimensioni, questi grandi vasi dovevano essere interrati fino all’imboccatura e così, i costruttori antichi tirano su i muri necessari a creare una sorta di scatola, da riempire di terra per poi alloggiarli all’interno.
La soglia di accesso all’edificio si trova ad una quota visibilmente più alta rispetto al piano stradale, che coincide con quello antico (ce lo dicono le soglie vicine) e, per questo, potrebbe sembrare aggiunta successivamente. Ma guardando bene la tecnica costruttiva della facciata si comprende che è tutto in fase, soglia compresa. La sua posizione è dettata dal riempimento di terra che è servito ad alloggiare i grandi vasi per derrate.
E come ci si arrivava?
Molto probabilmente con una scaletta di legno, cosa molto frequente a Ostia antica (ci sono altri casi simili).
E non potevano fare una scala in muratura?
Evidentemente no, avrebbe occupato inutilmente la sede stradale. Meglio usarne una di legno, mobile, leggera, pratica.
Soglia tarda presso le Terme di Butycosus

Cambiando quartiere, all’interno della Regio Prima ho notato una soglia che mi ha riportata a quelle pagine introduttive della Topografia Generale che citavo prima.
Nell’area del Santuario di Ercole, si conservano le Terme di Butycosus, tra i più stratificati edifici termali della storia di Ostia antica, famoso per un elegante portico su pilastri fronte strada dotata di catenelle forse utili a regolare la fila.

Accanto alle Terme, c’è poi la sontuosa Domus di Amore e Psiche, appartenente a quel gruppetto di residenze extra lusso del periodo tardo antico ostiense. Detto in altri termini: è stata costruita circa duecento anni dopo le Terme, a quanto pare su un precedente edificio commerciale.
Cosa hanno in comune i due edifici?
A un certo momento della storia di Ostia, condividono la stessa quota di calpestio, la quale è cresciuta di almeno un metro e venti rispetto a quella della prima età imperiale, marcata dai pavimenti delle sale termali (a sua volta, ancora più alta di quella tardo repubblicana del vicino santuario di Ercole).
Cosa c’entra la soglia?
Ecco, è proprio lei ad indirizzare lo sguardo verso questa fase tarda della città di cui non c’è più traccia nei piani di calpestio, scavati e rimossi per indagare la stratificazione sottostante (e che qui è particolarmente densa).
Volendo ricostruire la storia, potremmo ipotizzare che sia andata così. C’era una volta un ambiente annesso alle Terme di Butycosus, presumibilmente aggiunto sin dalla prima fase d’uso. L’ambiente viene poi ampliato con la costruzione di altri muri in una tecnica differente (opera listata) in un momento successivo. Nel frattempo, la quota esterna deve essere cresciuta, fino al punto che molti degli ambienti esterni alle Terme vengono progressivamente sepolti.
Ma la vita continua, infatti nell’interro accumulato, si gettano le fondazioni della magnifica Domus di Amore e Psiche, o almeno di una parte del suo perimetro. E nell’ambiente annesso alle Terme di Butycosus, si taglia il muro per inserire una soglia alla stessa quota alla quale è fondato il muro perimetrale della Domus.
Ecco, immaginate di riempire di terreno lo spazio tra i due edifici, fino a coprire tutta la fondazione (oggi a vista) della Domus. Tirate una linea immaginaria ed ecco che raggiungete la soglia in travertino, la quale, quindi, non sarà più sospesa nel vuoto, come appare oggi.

Traduzione?
Chi entrava nell’ambiente annesso alle Terme di Butycosus, quindi, camminava ad una quota molto più alta, corrispondente, infatti, in più punti della città, come pure al sentiero che vi conduce alla Caffetteria, quale vedrete spuntare molte creste di muri.
Il senso delle soglie per i nostri occhi
E allora, capite l’importanza di saper individuare e leggere un elemento come le soglie? In un luogo come Ostia antica, tanto stratificato, quanto complicato nella sua lettura proprio per i problemi posti dalla valorizzazione (quale fase? Quale piano di calpestio mostrare ai turisti?), una soglia, spesso e volentieri, aiuta a raccapezzarsi.
Il senso delle soglie per la storia di un edificio, o di una città intera, è quello di poter sempre riconoscere a quale quota viaggiavano gli abitanti.
Ma attenzione: non è detto che le quote siano ovunque le stesse in tutta la città in ciascuna epoca. Anzi, spesso le quote cambiano da zona a zona, in base alle vicende del singolo isolato (crolli, tipologia di edifici, necessità, soluzioni adottate).
Voi, però, cominciate a farci caso d’ora in poi e vedrete come la vostra percezione degli spazi comincerà a cambiare, a migliorare, ad articolarsi meglio con il contesto.
Io spero di avervi incuriosito a cercare nuove soglie nei vostri sopralluoghi e a raccontarmi quelle con cui avete avuto a che fare sui vostri cantieri, archeologici e non. Non esitate a commentare o a inviarmi le vostre foto!
A presto, e grazie per il vostro tempo e per il vostro prezioso supporto💜.
Valeria
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