È in corso a Roma, all’intero della meravigliosa cornice della Domus Aurea, una mostra intitolata “L’amato di Iside”, incentrata sul rapporto tra Nerone e l’Egitto.
L’ho visitata per voi, ma anche per avere una scusa per tornarci. Come vi ho raccontato su Instagram (proprio qui) , ho lavorato per il servizio didattico ufficiale in Domus Aurea per molti anni e in quel luogo ci ho lasciato il cuore, perché tra quei muri, oggi umidi e bui, ho capito quale sia la potenza rievocativa dell’architettura antica completa dei soffitti, e di quanto sia stata fortunata a poter studiare archeologia dell’architettura a Roma, il luogo dove meglio di altri si impara ad allenare gli occhi e la mente al concetto di stratificazione.
Ecco, perché, quindi, sono andata a visitare questa mostra, di cui, confesso, dubitavo fin dall’inizio. Sapete, a lavorare nell’area archeologica centrale per 10 anni, da ricercatore, da fruitrice informata e da mediatrice culturale, ho elaborato una mappa dei luoghi che fanno belle mostre, sempre, e ho altresì identificato quali luoghi offrono il più delle volte fregature. Sì, proprio fregature.
Che cosa ne penserò mai di questa mostra? Si sarà già capito, ma procediamo con il solito schema 😉

L’ACCESSIBILITÀ: DIPENDE
Se parliamo di accessibilità fisica, nulla da eccepire. Una passerella all’ultimo grido accompagna i visitatori lungo il percorso che dalla quota del Parco dell’Oppio giunge alla quota antica della Domus Aurea, posta qualche metro più in basso.
All’interno della Domus Aurea idem, non ci sono ostacoli, a parte, questo va detto, il dettaglio non da poco che il sito è completamente sotterraneo e sepolto. Gli ambienti sono molto ampi, ma per chi soffrisse di claustrofobia c’è da pensarci su e valutare la situazione prima di entrare.
Se parliamo, invece, di accessibilità cognitiva, o di accessibilità per i più piccini, non ho notato installazioni o soluzioni ad hoc. Va detto subito che non si può entrare in Domus Aurea da soli: c’è sempre l’accompagnamento delle guide interne per decisione della Soprintendenza e a scopo di tutela del visitatore – perché c’è un cantiere in corso – e dunque si tratta di un tipo particolare di visita.
E parliamo di accessibilità economica. Il costo del biglietto intero è di 18 euro da lunedì al venerdì e prevede la visita alla mostra seguendo il percorso aula ottagona-sala di Achille a Sciro-cortile pentagonale-criptoportico 92 e ritorno. Dal venerdì alla domenica, al costo di 23 euro, invece, oltre a questo si raggiunge la sala della volta dorata dove è ancora prevista la tappa con i visori e le meravigliose ricostruzioni firmate Katatexilus.
Ho scoperto con disappunto che il vecchio percorso di visita al “cantiere di restauro” è stato profondamente modificato. Per chi ci fosse andato prima di questa estate, non c’è più la tappa nella galleria traianea con il video introduttivo (che era bellissimo!), niente più ninfeo di Ulisse e Polifemo, niente più ala ovest.

IL TEMA: BELLISSIMO MA…
Se, da come ho capito dalla guida che ci ha accompagnato, Nerone ha avuto solo di riflesso un rapporto con l’Egitto, mi domando perché fare una mostra a casa sua. La risposta di pancia potrebbe essere scontata: perché serviva un luogo suggestivo per rinsaldare certi rapporti istituzionali o, peggio, per fare cassa con una “nuova attività culturale”.
La premessa alla mostra è: Nerone non è mai stato in Egitto, piuttosto ne avrà solo sentito l’odore. Tuttavia, sua moglie Poppea era devota al culto di Iside; il suo precettore e consigliere Seneca era stato in Egitto, molti suoi parenti pure, perfino gli architetti della Domus Aurea, Severus e Celer, pare fossero Alessandrini. Nerone, però, a quanto pare in Egitto non ci ha mai messo piede. E d’altronde dai fiumi di bibliografia sulla Domus Aurea impariamo che la maggior ispirazione gli sia venuta dalla Grecia, quella sì amata, visitata, assorbita, replicata in casa propria.
E quindi l’Egitto? Sfugge il nesso.

RACCONTO: VAGO E INCOERENTE
Sebbene sia una visita obbligatoriamente guidata, dove una guida interna vi racconta il sito e la mostra, non ho notato un grande impegno nella narrazione intrinseca alla mostra. La scelta è stata quella di disporre i pezzi nelle sale, un pò tentando di emulare un antico arredo, un pò per cercare di costruire un filo conduttore che, per quanto io lo abbia cercato, non mi è parso esistere.
Pochi pezzi, nessun originale dall’Egitto, semmai pezzi romani egittizzanti, provenienti principalmente dall’Iseo campense (il santuario dediacto al culto di Iside in Campo Marzio fondato in età Cesariana) o dal Palatino, luogo dove prima che altrove ha dilagato la moda egittizzante cominciata timidamente sotto Cesare ed esplosa con Augusto. Un fenomeno talmente locale che sono in mostra i classici pezzi che imitano i geroglifici usando figure in libertà, per non dire a caso: non si conosceva più la lingua egizia e soprattutto non importava nessuno di usarla a scopo comunicativo.
Serviva semmai a propagandare l’avvenuta sottomissione dell’Egitto, la sconfitta di Cleopatra e Marc’Antonio, la vendetta finalmente perpetrata in onore di Cesare. Un fenomeno culturale dunque noto e molto interessante, tipico dell’età augustea e definito in letteratura “egittomania”, che con Nerone, però, ha poco a che fare. Nerone, semmai, ha proseguito la moda, rinfrescandola.
Il nesso tra i pezzi non si segue, il legame con la Domus Aurea neppure, l’effetto è quello di una esposizione di singole entità artisticamente interessanti ma per nulla legate al contesto e al presupposto della mostra.
Il catalogo esiste e raccoglie anche molti contributi sia sui pezzi che sul tempo di Nerone. Io però resto dell’idea che il nesso con Nerone sia un tantino forzato.
Insomma: una delusione.

ALLESTIMENTO: PIACE VINCERE FACILE
Usare la Domus Aurea come contenitore di una mostra fa vincere facile. Qualsiasi pezzo, anche il più insignificante, messo contro una parete della Domus Aurea ne esce magnificato. Forse questo non risalterà agli occhi di chi entra in quel maestoso luogo per la prima volta. Ma come la mettiamo con chi ci è già entrato tante volte? Anche loro meritano di avere un impatto forte, no?
I pannelli non esistono in questa mostra. Non posso credere che si tratti di limitazioni dettate dal luogo perché esistono infinite soluzioni in cui il muro non viene toccato da alcunché. Esistono timide didascalie che servono, al solito, a riferire la provenienza del pezzo e il soggetto. Raramente c’è un commento accanto alle informazioni anagrafiche.
Mi ha colpito positivamente, però, l’installazione di un grande pannello con la ricostruzione 3D della Domus Aurea tutta, che quindi mostra per la prima volta in questo sito e in modo ben comprensibile tutti gli edifici di cui era costituita: il palazzo sul Palatino, il vestibolo sulla Velia, lo Stagnum nella valle, il padiglione estivo sull’Oppio e il ninfeo sul Celio, oltre alle precedenti proprietà già parte della Domus Transitoria, come i giardini di Mecenate sull’Esquilino. Ho appreso che il pannello è stato introdotto nel momento in cui il percorso di visita è stato decurtato della parte iniziale con il video introduttivo. Ah ecco, mi pareva troppo bello.

Nel contesto della mostra, poi, il pannello è stato integrato in una animazione virtuale per mezzo di un grande schermo, azionato dalla guida, che racconta la storia dei siti principali dell’Egitto romanizzato. E il Nilo fa la sua parte, con un raggio di luce che, simulando lo scorrere dell’acqua sul pavimento, va ad allinearsi con l’altra animazione virtuale – già esistente – che rianima la cascatella artificiale ideata da Nerone nella sala ninfeo della sala ottagonale. Insomma, si è cercato di coniugare l’Egitto con la Domus, e con Nerone che organizza una spedizione per cercare le sorgenti del Nilo, ma il tutto mi è parso inutilmente appariscente e molto forzato.
Ancora nella sala ottagona, un’altra animazione proietta sulle pareti di una delle sale triclinari immagini del tempio di Ator a Dendera, di cui Nerone fu promotore. La definizione AMATO DI ISIDE viene proprio da qui, dall’iscrizione in geroglifico che celebra l’imperatore costruttore. Ho trovato difficile leggere quelle immagini, perché le pareti su cui sono proiettate sono piene di fori da incasso e la superficie è irregolare per la malta residua dalle spoliazioni dei marmi. Insomma, una faticaccia per capirci qualcosa! Interessanti, ma non spiegati, i capitelli Atorici dal Palatino allestiti nella stessa sala, una connessione a mio avviso pazzesca con il video, di cui però non è stata data alcuna precisazione.

Più andavo avanti nel percorso e più mi domandavo perché non avessero scelto Augusto come soggetto della mostra, perché c’erano tutti i presupposti per raccontare delle tracce residue dell’Egitto a Roma e soprattutto sul Palatino! Ah beh certo, Augusto non ha fatto la Domus Aurea.
Una trovata di grande effetto – se di effetti speciali siamo costretti a parlare – è la simulazione del fondale del Tevere, nel quale furono gettati gli arredi e le macerie dell’Iseo campense fatto a pezzi da Tiberio per una vicenda scandalosa che lo fece infuriare. Per quanto anche qui, Nerone non sia direttamente coinvolto: si parla dell’Egitto e di Roma, come è logico. Ancora una volta incastrarci Nerone mi è sembrata una forzatura e la Domus Aurea si è dimostrata ancora una splendida cornice, non il quadro raffigurato.
Pezzi sparsi lungo il percorso, come il famoso rilievo dei Rabirii dalla via Appia, devoti al culto di Iside. Sarebbe stato bello ascoltare un racconto più dettagliato e organico sui pezzi esposti, mentre invece molto peso – forse troppo – è stato dato alla storia dell’edificio, che non sarebbe il focus della mostra, almeno dal Lunedì al Giovedì, se ho ben capito.
In generale, quindi, tutto un pò deludente. Nulla di nuovo sotto il sole.

RELAZIONI CON IL PUBBLICO: MAMMA DOMUS
Per quanto sia il tipo di attività in cui sei seguitissimo dal personale, non ho notato un particolare impegno per il coinvolgimento del visitatore. So per esperienza che la Domus Aurea è un luogo difficile e dunque è necessario rispettare le sue regole di visita. Ma nell’allestimento della mostra non ho trovato quasi nulla di davvero coinvolgente, che richiamasse la mia attenzione, se non la potenza coinvolgente dell’edificio stesso. Ma in questo la mostra non c’entra. Tutto molto sparpagliato, quasi casuale, senza possibilità di poter addentrarsi nel tema, anche per via del percorso forzato e dei tempi serrati. Tutto di corsa.
Immagino che in un contesto del genere bisognerebbe inventarsi qualcosa di coinvolgente per mezzo della stessa spiegazione fornita dalle guide. Letture di passi, un discorso che leghi i pezzi tra loro, un filo conduttore che non ho trovato e che non può essere Nerone perché è solo uno dei protagonisti di questa storia!
Strategia debole, missione… sconosciuta? Purtroppo, e lo dico con rammarico perché amo la Domus Aurea sopra ogni cosa, questa mostra ha spezzato quel legame solido ed efficace che univa visitatori, guide e luogo, nel vecchio percorso. Non so quali siano le ragioni di questo cambiamento e spero non siano “la mostra”. Ho notato però che così come è concepito ora, il percorso e le attività svolte all’interno non funzionano. Si è persa quella magia evocativa che invece caratterizzava ogni singola visita.
Mamma Domus, però, fa sempre la sua parte. È la regina dello spazio e del coinvolgimento fisico ed emotivo del visitatore. Anche solo stando in silenzio a guardare i suoi soffitti altissimi si viene colti da uno strano senso di pace e disperazione, perché sei a un passo da Nerone eppure ti sfugge. Bellissima e molto riuscita, infatti, la relazione tra le pitture egittizzanti del corridoio di servizio e il tema della mostra. Ma è una goccia nel mare.
La Domus Aurea era un luogo particolarmente magico. Lo è ancora, ma da questa mostra, per altro costosa, non ne sono uscita contenta. Per niente. Il gioco finisce per essere sempre quello: ideare una mostra che sia una scusa per aumentare il costo biglietto e variare il percorso canonico, togliendo invece di aggiungere.

GRADIMENTO: CHIAMATE UNO SPELEOLOGO!
Ho il cuore a terra, perché sì, io nei musei e nei siti archeologici voglio innamorarmi, voglio perdere la testa, voglio annientarmi. Altrimenti me ne sto a casa nella mia biblioteca a studiare. Tornare in Domus Aurea dopo tanti anni di lontananza e in veste di turista, per quanto molto informata, ha eccitato molti e sconcertato alcuni. Ai mei tempi mi difendevo bene perché della Domus Aurea avevo studiato tutto lo scibile e avevo pure avuto la fortuna di accompagnare in visita il prof. Meyboom dell’Università di Leiden, uno dei massimi esperti di pitture della Domus Aurea.
Ciò per dire che quando lavori per il servizio didattico ufficiale sei la voce della ricerca aggiornata su quel sito e chi ci entra si aspetta la massima preparazione e la massima disponibilità da parte tua a raccontare, accogliere domande e critiche. È un lavoro bellissimo, durissimo, difficile specie per motivi diplomatici, ma molto, molto arricchente, almeno culturalmente (sul resto sorvoliamo). Se lo fai con passione, ti ripaga, se studi tanto e ti impegni a dare il meglio di te si vede, il gruppo cammina a un metro da terra perché si emoziona insieme a te.
Mi dispiace per i turisti inconsapevoli. Sicuramente per chi non ha mai messo piede nella Domus Aurea, l’impatto sarà pazzesco, meraviglioso, indimenticabile. Ma per chi un pò la conosce, è un triste ritorno in un luogo che hai amato disperatamente e che ora non riconosci più.
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Recensione bellissima e sentita, grazie per esserci andata per ‘noi’. Mi dispiace venire a sapere che la parte finale del percorso è stata tagliata, io ci andai nel 2019 con l’università (di Leicester) e l’esperienza fu indimenticabile, a tutt’oggi parlo ancora con emozione della sala dorata e della ricostruzione virtuale!
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È stato davvero un brutto colpo 😦
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