muri e dintorni, ostia antica

I muri di Ostia antica. La mia lista dei “più” da non perdere.

Nell’ideare questo articolo ho pensato a quanti fra voi sono stati a Ostia antica già almeno una volta e vorrebbero tornarci per vedere ciò non sapevano ci fosse; ho pensato a quanti fra voi fanno ricerca a/su Ostia ma sono ancora agli inizi e vorrebbero approfondire alcuni aspetti tecnici; e ancora, ho pensato a quanti fra voi sono attratti dalla stratificazione architettonica della città e vorrebbero saperne i perché e i come; e ho pensato, infine, a quanti fra voi mi hanno più volte chiesto di raccontare Ostia attraverso i suoi muri più particolari per poter arricchire il proprio bagaglio di informazioni in quanto guide professioniste e docenti.

I have a dream

Come sapete il mio sogno di ricercatrice indipendente è quello di portare la ricerca scientifica di alto livello a tutti, tutti coloro che non la possono fare o che la fanno altrove, e quindi eccomi qui a tracciare un primo percorso per le vie della città portuale seguendo il filo dei miei interessi scientifici attorno all’archeologia dell’architettura, cioè l’indagine sulla stratificazione di usi, e riusi degli edifici e degli spazi urbani attraverso i secoli. Non credo sarà l’unico itinerario di questo genere che vi proporrò, sia perché mi piace da matti costruire questi percorsi per e con voi, sia perché il Parco Archeologico di Ostia antica da qualche tempo ha ideato un abbonamento che consente ai visitatori abbonati di tornare più volte nel corso dell’anno. Beh, mi pare la circostanza ideale per tracciare questi percorsi un pò tematici, un pò cronologici e un pò topografici, sfruttando anche i benefici della pannellistica presente sul sito recentemente rinnovata.

Amarcord ostiense

Ho messo piede per la prima volta a Ostia antica nel 2004 quando, studentessa magistrale di archeologia, mi cimentavo con le esercitazioni di rilievo archeologico per il corso di Metodologie della ricerca archeologica. Non posso dire altro che fu amore a prima vista. Le esercitazioni si svolgevano in vari punti della città, ma ricordo che furono le Terme del Nuotatore a infiammare il mio cuore, per quel loro particolare intrico di muri e per quella densità di specificità, oltre al fatto, determinante per me, che si trattava del primo edificio scavato stratigraficamente dall’Istituto di Archeologia della Sapienza a partire dal 1966 o giù di lì.

Un giovanissimo Andrea Carandini, allora trentenne, era stato posto da Giovanni Becatti, all’epoca titolare della cattedra di archeologia classica, alla direzione sul campo dello scavo dell’edificio. E Carandini lo trasformò in un cantiere di studio della stratificazione e, soprattutto, di quelle migliaia di cocci che giacevano negli strati. Per sua stessa ammissione, come avrebbe poi raccontato Carandini nel suo “Giornale di scavo. Pensieri sparsi di un archeologo” (Torino 2000, Einaudi, pp. 22-23), Becatti non sapeva molto dello scavo stratigrafico e credeva che andasse per le lunghe, ma al tempo stesso aveva fiducia nei giovani e decise di darne a quella strana richiesta venuta dal suo allievo. 

Alla fine mi sono ritrovata a ricevere la proposta di portare a compimento l’edizione dell’edificio, con l’obiettivo di far convergere nello stesso volume la storia delle indagini alle Terme del Nuotatore, proseguite fino alla fine degli anni Settanta, e l’analisi stratigrafica degli elevati, riunendo attorno allo stesso luogo di Ostia antica almeno quattro generazioni di archeologi e archeologhe. Per me è stata la più importante esperienza formativa in fatto di metodologie applicate all’archeologia e in particolare alle architetture stratificate. Se non fosse stato per quelle centinaia di fotografie senza riferimenti estratte dagli archivi dello scavo che ho dovuto imparare ad attribuire alle strutture; se non fosse stato per quelle centinaia di Unità Stratigrafiche assegnate negli anni alle varie parti delle Terme, che ho dovuto prima ritrovare sul campo, poi imparare a leggere e a tradurre e infine a riportare su piante composite e ricostruttive; e se non fosse stato per quella mia insana passione per la linea del tempo, nella quale imparare a coordinare le azioni visibili nel terreno con le azioni impresse nei muri… non sarei mai potuta diventare l’archeologa che sono e non avrei mai potuto sviluppare l’abilità di orientarmi tra le murature. 

Ora, fatta questa premessa, che ha il solo scopo di testimoniarvi da dove vengo e perché mi sono messa a parlare di muri e di archeologia dell’architettura al grande pubblico, vi porterò con me in uno dei luoghi che più amo: i vicoli di Ostia antica.

Caccia ai muri “più” di Ostia antica

In questa “caccia” ai muri per me più particolari/significativi/parlanti di Ostia antica, dovete tenere presente che la città è attualmente suddivisa, per convenzione, in Regiones: camminando sulla strada principale, a sinistra troverete la Regio Quinta (V), a seguire la Regio Quarta (IV), mentre a destra la Regio Seconda (II) e poi la Regio Prima (I) e dritto davanti a voi, al bivio tra il Decumano e via della Foce, superato il Capitolium, la Regio Terza (III).

Da studiosa esperta di edifici stratificati, il mio obiettivo è quello di portarvi sia miei luoghi noti della città, ma soprattutto in quelli meno noti. Per facilitarvi nell’organizzare la vostra “caccia” personale, elencherò i muri per Regione, così potrete scegliere quanti e quali visitarne di volta in volta. 

Una dritta: per spostarvi fate sempre riferimento al sito web del Parco Archeologico di Ostia antica, dove trovate la mappa della città con la suddivisione (moderna) in Regiones, ma anche i nomi degli edifici che qui citerò, così potrete individuarli facilmente e potrete leggerne la storia sul sito stesso oppure sui pannelli in loco.

Il muro più colorato è nella necropoli di Porta Romana

Comincio con un edificio che dovrebbe essere una tomba e che si trova, in ogni caso, nella necropoli “di porta Romana”, così detta perché non è l’unica necropoli di Ostia e questa, appunto, si trova all’esterno di porta Romana.  

L’edificio in oggetto è quello con i muri in opera reticolata di leucitite, una pietra nera che altro non è che la lava vulcanica. Piccolo inciso, ripetiamo insieme: non si dice selce, non si dice basalto ma L-E-U-C-I-T-I-T-E. È una parola come un’altra, non è difficile ed è quella scientificamente esatta per definire quel materiale, sì esatto, lo stesso dei sampietrini. Il colore dei paramenti, dicevo, è dato dalla combinazione di elementi in leucitite e cinture e ammorsature in laterizi nel classico color rosso mattone (e quale se no?). Il mix crea così una particolarissima cromia che non potrete non notare, almeno oggigiorno! In antico molto probabilmente la superficie era rivestita di intonaco, necessario a isolare l’edificio dall’umidità e a garantirne una più lunga durata. 

Amo questo edificio anche perché ha una particolarità tecnica della quale mi sto occupando nelle mie ricerche: le ammorsature non fatte con filari alternati di mattoni e blocchetti rettangolari, secondo un uso che è tutt’altro che tardo! La sua cronologia, infatti, può ben essere l’età Antonina, cioè il pieno II secolo

Il muro più colorato, in opera mista di leucitite e mattoni nella necropoli di Porta Romana

Il muro più elaborato è al Caseggiato del Larario (Regio I)

Poco prima di incontrare il maestoso Capitolium, che di fatto vi aiuterà sempre ad orientarvi, come una grande antenna, all’interno del Parco, trovate l’entrata di un prestigioso Caseggiato detto “del Larario” per la presenza di una nicchia in mattoni proprio in asse con il corridoio di accesso: quasi un richiamo visivo per il passante (insieme, forse, a tutti quei frammenti di travertino bianchi inseriti negli angoli dei pilastri…). Ecco, lasciatevi richiamare ed entrate nella corte. Siete al centro di uno dei caseggiati più famosi di Ostia antica e avete di fronte a voi una parete in mattoni con quella nicchia colorata che è un vero capolavoro. Riuscite a notare la qualità e la raffinatezza di questo elemento decorativo? Vedete come i mattoncini colorati sono stati accuratamente tagliati e intessuti a voler creare un disegno geometrico ma al tempo stesso tridimensionale? Ecco, quella nicchia doveva contenere una statua, una statua immaginiamo posta a protezione della casa e dei suoi abitanti. Una vera meraviglia!

Il muro più elaborato, con nicchia in mattoncini per la divinità protettrice della casa e inserti di travertino al Caseggiato del Larario

Il muro più nascosto è dietro al Caseggiato del Larario (Regio I)

Saprete forse che Ostia antica, prima diventare la grande città portuale, era una piccola colonia, nelle forme di un accampamento militare. Delimitata dalla linea delle mura in opera quadrata di tufo, conteneva al suo interno l’incrocio fra Cardo e Decumano e una serie di lotti abitati. Tale impostazione, risalente al IV secolo a.C., ma forse di fondazione ancora precedente, aveva poi un circuito di strade esterne (le vie pomeriali) e altri isolati delimitati da mura simili

I relitti di questa originaria linea di cinta e dei suoi ampliamenti è ancora visibile in più punti della città. Uno dei più nascosti è in un sottoscala alle spalle, letteralmente, del Caseggiato del Larario.

Se, quindi, uscendo dal Caseggiato andate a destra e imboccate quel vicolo perpendicolare al Decumano, costeggerete una interessante stratificazione dei livelli di calpestio (lasciata a vista dopo gli scavi del 1938-42) e voltando ancora a destra troverete una porzione del muro in blocchi di opera quadrata, per altro sovrastato da una specchiata in opera mista molto molto ben fatta. Vale la pena di perdersi un pò per vederlo!

Il muro più nascosto, in blocchi di opera quadrata della fase repubblicana della città, dietro al Caseggiato del Larario.

Il muro in opera mista più bello è ai “portici di Pio IX” (Regio I)

Se andate a villa Adriana rimarrete sorpresi al vedere che i muri sono fatti in una particolare tecnica che combina specchiature di opera reticolata e cinture di rinforzo in laterizi. Sembra assurdo che all’epoca in cui  – il glorioso II secolo – si sia prodotta la maggiore quantità di mattoni della migliore qualità possibile, si facesse ricorso ancora alle tesse di reticolato, in un certo senso appartenenti ai decenni passati. Residui nei magazzini? Partite inutilizzate? Recupero da demolizioni? Sì, sì e ancora sì. 

Risultato: muri in ogni caso perfetti e resistenti, con una altissima variabilità di materiali impiegati. Ma ci sono muri e muri in opera mista. Ce ne sono alcuni che potremmo definire “da manuale”, altri un pò meno, e di solito il motivo della differente qualità sta sia nel materiale usato (se di prima o di seconda mano), sia dalla padronanza tecnica di chi li costruisce (ditta esperta, ditta meno esperta, muratori improvvisati), fattore che a sua volta dipende, un pò come ai nostri tempi), dal budget del committente. 

Veniamo al muro ostiense. Non ce n’è uno solo, ma quello che vi suggerisco di andare a vedere è in un complesso con un meraviglioso affaccio panoramico. Raggiungete il Capitolium e troverete i “portici di Pio IX” esattamente alle sue spalle. Vi troverete in un portico monumentale che in antico era collegato direttamente con il Tevere, quasi fosse una “avenue” di benvenuto alla città, allestita per impressionare e accogliere i visitatori (e gli investitori, immagino) provenienti da Roma o chissà dove. Passeggiando tra i portici potrete ammirare alcune fra le pareti più belle (certo, anche un pò restaurate) mai fatte a Ostia antica nel II secolo. Tessere di reticolato perfette, nuove di zecca, mattoni nuovi di zecca bollati dai più famosi produttori del tempo, insomma, un capolavoro di opera mista. E ripetiamo che questa caratteristica muratura oggigiorno è visibile con la sua tessitura e i suoi colori a contrasto, ma nell’antichità almeno l’interno delle stanze doveva essere rivestito di intonaco, a scopo prima di tutto protettivo e isolante. 

E il fiume lo potete ancora vedere se salite sulla terrazza panoramica che troverete sul lato sinistro dei portici, tenendo il Capitolium alle vostre spalle.

Il muro in opera mista più bello è ai “portici di Pio IX”

Il muro più tormentato è alle terme di Butycosus (Regio I)

Sarò sincera: non ne esiste uno solo, bensì decine. Ma questo delle terme di Butycosus ne ha viste parecchie, come è tipico negli impianti termali, che a Ostia antica, in modo particolare, manifestano tutta la loro lunga vita rappresentata da decine di cicatrici (date un’occhiata pure alle terme dell’Invidioso in Regio V…).

Qui il livello di tormento è rappresentato dal cambiamento di funzione delle sale termali, che si traduce in porte prima aperte, poi ristrette, poi chiuse; muri prima pertinenti ad uno spazio aperto, poi chiuso da un muro curvilineo e reso un ambiente riscaldato, per cui si applicano i tubuli per il passaggio dell’aria calda.

E se entrate nell’edificio ne vedrete altrettante. Qui, sicuro, vi fate un’idea di quante modifiche potessero occorrere in un impianto termale che è stato a pieno regime per almeno 300 anni. 

Il muro più tormentato è alle terme di Butycosus

Il muro più iconico è al Teatro (Regio II)

Voltando a destra dal Decumano potete raggiungere la cavea del Teatro dall’accesso principale, il corridoio coperto che passa sotto le gradinate. Una volta giunti nella cavea, voltate a destra e troverete una parete che costituisce il fianco della gradinata nonché del “parodos”, il corridoio di entrata degli artisti.

Avete di fronte a voi una parete meravigliosa, dove l’opera reticolata di età augustea si interseca con l’opera laterizia di età severiana, testimoniando le due già importanti opere architettoniche relative all’edificio per spettacoli. Augusto lo aveva impiantato e i Severi, per ultimi, lo avevano massicciamente restaurato.

A questo muro sono particolarmente affezionata perché è diventato il simbolo del mio progetto di divulgazione dell’archeologia dell’architettura “MURI PER TUTTI” e rappresenta, per me, un sogno che si sta concretizzando, soprattutto grazie al vostro sostegno. Insomma: non potete perdervelo!

Eccomi davanti al muro più iconico di Ostia, nonché il primo muro che ho presentato sul mio canale Instagram @valeriadicola_muripertutti nel 2021! (pic by Diego Di Nardo)

Il muro più buffo è alle Casette-tipo (Regio III, lato via della Foce)

Se prendete via della Foce e raggiungete la sua estremità verso il fiume, troverete il famoso isolato di appartamenti delimitati da vie basolate carrabili, dalla particolare planimetria rettangolare animata da stanzette: latrina, cucina, salotto, camere da letto, tutto in miniatura. Di queste si conserva solo il piano terra, ma ci sono puntualmente scale accessibili dall’esterno, dirette ai piani superiori, forse fatti in legno (un pò come le locande del Far West) e dove forse si replicava la planimetria dei piani inferiori. 

Sta di fatto che queste case offrono un esempio di tecnica edilizia molto divertente, che combina bozze di opera in certa e ammorsature e cinture di laterizio. Queste case sono il prodotto dell’intensa attività edilizia del II secolo, cominciata da Traiano e compiuta sotto Adriano e sembra che fossero destinate ai lavoratori impiegati nella vita del porto. Questa tecnica costruttiva è particolarmente legata all’alto indice di riuso del materiale da demolizione che proprio in questa parte di città sembrano essere stati cospicui. La cosa che rende questi muri i più buffi di Ostia è che spesso all’esterno vedere una bella opera mista in reticolato e laterizi, mentre nella faccia interna bozze di incerto e laterizi, come se ci fosse stata una scelta anche in termini di estetica, fermo restando che i muri erano spesso intonacati. 

La cosa ancora più buffa (in realtà molto molto interessante) è che ho ritrovato la stessa muratura nella colonia molisana di Saepinum! I Romani nel II secolo avevano davvero creato un brand. 

Il muro più buffo, alle Casette Tipo. Qui siamo all’interno di un ambiente, e il muro è in bozze di tufo di recupero e ammorsature lisce in laterizi

Il muro più stratificato è dietro al Magazzino dei Doli (Regio III)

Inoltrandovi nella Regio III, in direzione del complesso delle Case a Giardino (quel vasto condominio di lusso ai limiti dell’abitato oggi conosciuto), troverete una serie di percorsi coperti da volte a crociera, che collegano diversi caseggiati tra loro.

Tra il caseggiato degli Aurighi e quello di Annio, trovate il magazzino dei doli, che è stato costruito in un riporto di terreno, necessario ad interrare i dolia defossa. Se raggiungete dal retro il muro di fondo del Magazzino, troverete una parete piena di interventi costruttivi, tagli, risarcire, porte, soglie sepolte, fondazioni esposta, una visione meravigliosa per gli occhi! Questo muro vi racconta molto bene la lunga vita di Ostia e delle sue strutture, che pur di non essere demolite, vengono più volte e in modi diversi sfruttate per assecondare l’evoluzione degli spazi della città.

Una parete che darà del filo da torcere e lo consiglio soprattutto ai ragazzi che si cimentano nelle prime letture stratigrafiche e vogliono qualcosa di intrigante!

Il muro più stratificato è quello del magazzino dei Doli (qui visto dall’esterno) ed è perfetto per cimentarsi nella lettura stratigrafica!

Il muro più enigmatico è alla domus dei Tigriniani/così detta Basilica Cristiana (Regio III)

Tornando verso il Decumano, poco dopo i bivio con via della Foce vi troverete davanti all’ingresso di un edificio dalla pianta stretta e molto allungata, adornato da un passaggio monumentale in colonne di marmo. Al momento della scoperta, negli anni ’30, fu trovata l’architrave in crollo (come anche le colonne) con una iscrizione in cui campeggiava il “Chi Ro”, il simbolo cristiano. Questo elemento, unito alla forma allungata con abside su lato corto e un asorta di “battistero” (in realtà era un ninfeo) ha fatto pensare alla Basilica Cristiana di Ostia citata dalle fonti, da cui il nome moderno.

Di recente, sulla base dell’identificazione del personaggio citato nell’iscrizione, si è invece ipotizzata la funzione di domus aristocratica identificando proprio nella famiglia dei Tigriniani i proprietari. In ogni caso i muri più curiosi sono quelle tamponature che potete trovare lungo il lato sinistro della “navata”, una volta entrati. Si tratta di muri che mi danno da pensare e che infatti mi sono messa a studiare con interesse. In uno studio degli anni ’90 della scuola olandese sono datati al V-VI secolo, ma più che altro perché quello è il termine convenzionalmente noto della vita ad Ostia, abbandonata in favore di Portus.

Ma a me qualcosa non torna. Se, infatti, vedeste questo muro a Roma, lo datereste sicuramente all’età carolingia o giù di lì. Ed è qui che nasce la curiosità: può una tecnica viaggiare così tanto nello spazio e nel tempo? O forse manca un approccio tipologico e stratigrafico all’analisi di queste tamponature, che sono, ve lo dico serenamente, diverse decine in tutta Ostia ? Vi farò sapere, nel mentre voi andatelo a vedere per ammirare la lunga vita di questa domus, ch si installa in un precedente caseggiato inglobando anche una antica strada (quella dove camminerete per guardare le tamponature…).

Il muro più enigmatico è alla Domus dei Tigriniani, con questa apparecchiatura dall’aspetto medievale, eppure datato al V-VI secolo.

Il muro più bagnato è all’edificio dell’opus sectile (“prospetto a mare”)

Questo muro non dovete assolutamente perdervelo. Proseguite lungo il Decumano fino a uscire dalla porta Marina; attraverserete la necropoli e poi in fondo troverete un ampio ingresso ad un atrio, con tanto di fontana, e, poco oltre, il limite dell’area archeologica costeggiato dalla strada che conduce all’aeroporto di Fiumicino. 

Ecco, quando gli abitanti di questa casa erano qui, dove oggi corre la strada, c’era il mare. Sì esatto, il mare. Se chiudete gli occhi e cancellate il suono delle macchine, potreste forse ancora sentire lo scrosciare delle onde e l’odore di salsedine. La casa che oggi vedete denominata come “prospetto a mare” appartiene alla fase tarda di Ostia ed era super panoramica.

Talmente panoramica che in pochi passi sareste entrati in comodamente in acqua (clicca qui per l’assonometria ricostruttiva). Andate a vederli questi meravigliosi muri in listata tarda, vi resteranno impressi. E se volete immergervi nelle preziose sale coperte di marmi, andate al Museo delle Civiltà a vedere l’allestimento in 3d (lo trovate qui)

Il muro più bagnato è, o meglio, sarebbe stato, quello dell’edificio dell’Opus Sectile, panoramico e decisamente vicino al mare.

Il muro più tardoantico è alla domus della Fortuna Annonaria (Regio V)

A questo punto, ritornando sui vostri passi verso l’uscita, troverete la Regio V sulla destra. Ecco, inoltratevi in via della Fortuna Annonaria e andate a vedere una delle case tardoantiche più fastose di Ostia.

La Domus della Fortuna annonaria vi colpirà innanzitutto per l’ingresso monumentale e la grande corte in cui troverete delle panchine per sedervi, così come gli ospiti antichi. Poi vi incanterà per quel meraviglioso ninfeo creato con marmi di recupero, al quale arriverete dopo essere passati attraverso un ingresso monumentale con colonne e archetti in muratura.

Fissate questa immagine negli occhi perché questo è uno dei luoghi che meglio incarnano la moda costruttiva e del vivere tipici del IV secolo e in particolare la sua versione locale ostiense (trovate la ricostruzione grafica qui).

Il muro più tardoantico è quello nella domus della Fortuna Annonaria, la più vasta casa tarda di Ostia antica, con un ingresso monumentale alla sala con ninfeo (pic by Ostia Antica Atlas)

Il muro più bruciato è al Caseggiato del Sole (Regio V)

Sembra quasi fatto apposta che il muro più bruciato sia al Caseggiato del Sole. Sta di fatto, però, che se vi inoltrate in questo grandioso caseggiato, fatto di botteghe, ambienti produttivi e appartamenti, naturalmente su più piani anche se ne conserva solo uno, troverete le tracce di un brutto incendio. Dovete raggiungere gli ambienti dipinti dal corridoio centrale e voltare a sinistra in direzione di Via della Calcara.

Proprio lì troverete questo fantastico muro in laterizi, databile all’età severiana, dove campeggia un magnifico arco di scarico fascinosamente imperfetto nella sua manifattura, essendo, immaginiamo, i materiali a disposizione non proprio di prima mano. Le notate quelle aree grigio-nere? E vedete come i mattoni siano combusti in molti punti?

Ecco, questo è un muro bruciato e da quel che so è la superficie bruciata più estesa che io conosca al momento… se escludiamo la calcara di via della Calcara!

Il muro più bruciato è in una bottega del Caseggiato del Sole

E questo è solo l’inizio!

Non crederete che la lista “dei muri più” di Ostia sia finita qui… In verità ho solo fatto una prima selezione dettata dal mio interesse per gli edifici nei quali si trovano questi muri e per il mio desiderio, sempre vivo, di portarvi oltre i confini degli itinerari canonici

Se ne potrebbero fare decine e decine di queste compilation e ognuna sarebbe valida e intrigante, come pure se altri colleghi ne facessero, ne verrebbero fuori tante e diverse. 

Io spero che questa mia proposta possa darvi lo spunto di esplorare zone recondite di Ostia o di tornare, con occhi nuovi, in zona già battute. Aspetto i vostri commenti e alla prossima lista!


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