Villa Adriana: il mio itinerario a caccia di storie tra i muri.

Di ritorno dal viaggio accademico a Villa Adriana, ho pensato potesse esservi utile un itinerario al quale fare riferimento la prossima volta che andrete a visitare quel magnifico sito archeologico che è la casa dell’imperatore Adriano. Il mio itinerario si basa sui consigli di una mia carissima amica e collega che ci ha lavorato per tanti anni e sulle mie personali note tecniche ispirate alla figura di Adriano e alla tradizione costruttiva del suo tempo. In sostanza, è un itinerario che vi permetterà di toccare i luoghi fondamentali della casa guidati – seppur da lontano – dai miei occhi e dalla mia passione e competenza sull’architettura antica.

Ricomporre i frammenti di una storia nota: why not?

Devo ammettere, con un pò di tristezza, che il sito l’ho trovato peggiorato dall’ultima volta in cui ci ero stata, nel senso che non ho visto alcun miglioramento, né novità. E cosa vuoi aggiungere, direte voi? Beh io un pallino ce l’ho ed è la ricomposizione dei così detti “disiecta membra”, cioè di tutte le parti che originariamente componevano la villa (rivestimenti, statuaria…) e che oggi sono sparse in luoghi diversi d’Italia e del mondo. Sapevate che molte statue e mosaici sono confluiti nella collezione dei Musei Capitolini, altre a Palazzo Massimo, altre ancora al British Museum? E dal momento che della storia moderna di villa Adriana sappiamo praticamente tutto, dai primi scavi cinquecenteschi a quelli più recenti, e tanti studiosi hanno proposto ricollocazione dell’arredo scultoreo negli ambienti della villa, perché non illustrare tali scoperte al pubblico? Con gli strumenti a nostra disposizione oggi non mi sembra impossibile, e nemmeno complicato, ricondurre virtualmente (o con copie in gesso?) le sculture al posto loro, così come mi sembrerebbe più che fattibile riportare i rivestimenti negli ambienti di appartenenza. Vero è che la certezza della provenienza delle singole statue, ma negli ultimi anni sono stati fatti studi, tesi di dottorato e progetti sono ancora incorso per cercare di fare ordine.

Cosa mettere nel vostro zaino

Nel frattempo che qualcosa accada – perché bisogna pensare positivo – provo a darvi qualche spunto in tal senso. Partiamo dunque con il nostro viaggio a Villa Adriana! Procuratevi un cappello per il sole, un ombrello per la pioggia, un taccuino dove poter segnare i luoghi da vedere e anche i vostri pensieri estemporanei: Villa Adriana ha il potere di ispirare! Portate poi una macchina fotografica perché vorrete fotografare tutte le maestose e gigantesche coperture voltate che troverete, che il cellulare non può inquadrare tanto sono estese. E non dimenticate una borraccia, che potrete riempire alle fontanelle distribuite lungo il percorso, e uno spuntino, anzi due, perché non c’è modo di trovare punti ristoro nell’area archeologica.

Per dire di aver visitato davvero Villa Adriana dovete poi mettere in conto almeno due ore, se non tre, del vostro tempo: la tenuta è vastissima (circa 70 ettari) e percorrerla a piedi seguendo i tracciati obbligati per i turisti richiede molto tempo. Inoltre, è un complesso costruito su terrazze, quindi ci sono scale da salire e scendere in vari punti e non mi sembra di aver visto passerelle per i disabili: tenetelo a mente.

Una piantina della villa tratta dalla guida ufficiale (2014).

La casa di chi?

Cosa visitiamo esattamente quando andiamo a Villa Adriana? Se ne dicono diverse e dall’antichità ci è pervenuta una biografia del IV secolo contenuta nella Historia Augusta. Si dice che fosse la casa di campagna dell’imperatore, la cui casa ufficiale era per tradizione sul colle Palatino a Roma, là dove l’aveva fondata Augusto, dopo il 36 a.C. Effettivamente l’attività edilizia di Adriano si è espressa anche lì, con l’ampliamento della superficie del colle con una terrazza a picco sul foro romano. Se ci pensiamo un momento, Adriano ha calcato esplicitamente i passi di Augusto: ha ricostruito il Pantheon, fondato da Agrippa alla fine del I secolo a.C.; ha costruito il tempio di Venere e Roma sulla Velia, rievocando due delle figure iconiche della propaganda augustea, Venere, la progenitrice della famiglia Giulia e Roma, dea omaggiata sull’Ara Pacis, sulla Gemma Augusta e via dicendo… Adriano gioca con gli effetti speciali che già Augusto aveva sperimentato in Campo Marzio, quando ad esempio, nel giorno del suo compleanno, il 23 settembre, al tramonto il sole avrebbe proiettato l’ombra dell’obelisco, che fungeva da meridiana del “horologium Augusti” all’interno dell’Ara Pacis. Effetti speciali così Adriano li ha riprodotti nel Pantheon e nel tempio di Iside a Villa Adriana, nel luogo oggi chiamato Roccabruna, dove il giorno del solstizio d’estate, il 21 giugno, il sole sarebbe entrato nell’aula di culto illuminando la dea.

E si dice anche che Adriano avesse patito una certa insofferenza da parte del ceto senatorio – espressa anche da una congiura per eliminarlo – nonché dalla sua stessa moglie, Vibia Sabina, antipatica e conservatrice, per cui preferì vivere lontano da Roma, viaggiando spesso in Grecia e in Oriente e costruendosi una casa, naturalmente degna di un imperatore del secolo d’oro, dove ritirarsi e al contempo dirigere la complessa macchina del potere imperiale. Si dice, infine, che Adriano fosse uno stravagante sperimentatore di progetti architettonici dalle dimensioni e dalle forme inedite. E infatti, oltre ad aver – come dicono – indotto l’architetto di Traiano, Apollodoro di Damasco, a suicidarsi in seguito alle critiche mosse alle loro forme poco armoniche, quei progetti avrebbero segnato un punto di svolta nell’architettura romana, manifestando ancora una volta che l’impossibile era, in realtà, possibile.

Adriano, quindi, bello, barbuto e folto di capelli, avvenente, creativo e stravagante, curioso come non mai e diligentissimo studioso, che per tutta la giovinezza aveva tentato di combattere, a forza di studiare il latino, le sue inflessioni da spagnolo di provincia, a Villa Adriana aveva forse scelto di rifugiarsi, per sfuggire a un mondo difficile, complesso, cattivo e pericoloso. Come ha scritto Andrea Carandini nello strepitoso libro “Io, Agrippina” era terribilmente difficile e pericoloso vivere da imperatore. Adriano, nel 138 dopo Cristo, morirà solo, vecchio e malato, col cuore in frantumi per aver perso tanti anni prima il suo giovane amante Antinoo seppur da imperatore, circondato dal lusso e da tanti metri quadri. Solo, totalmente solo.

Ritratto di Adriano dal Museo Nazionale Romano (fonte Wikipedia).

Ospiti antichi.

Oggi, purtroppo, non possiamo facilmente seguire l’itinerario di un ospite antico che si fosse recato a casa di Adriano. E questo è un vero peccato perché non c’è niente di peggio che esplorare un edificio antico senza potercisi immedesimare totalmente. Un pò come quando visitiamo le terme di Caracalla e siamo forzati a entrare da una breccia nel muro della palestra: no, decisamente questo non aiuta, anzi, richiede uno sforzo davvero grande al visitatore, non mettendolo nelle condizioni di vivere autenticamente gli spazi antichi. Ma niente paura, seguite il mio consiglio: superato il tornello fermatevi un momento al pannello con la planimetria della villa. Le didascalie vi aiuteranno a ritrovare i nomi degli edifici che compongono la residenza. Guardate al centro, troverete il vestibolo, al termine di un lungo tracciato, che era l’antica strada basolata che portava i carri fin davanti alla porta di casa, costeggiando un luogo di culto che rievocava l’Egitto e la memoria del bell’ Antinoo divinizzato (morto, appunto, lungo il Nilo durante un viaggio con Adriano, in circostanze poco chiare). Dal vestibolo, immaginiamo, gli ospiti antichi sarebbero stati ricevuti dagli assistenti dell’Imperatore e condotti subito alle terme (Grandi, o Piccole) per un bagno rilassante e un pò di riposo dopo il lungo viaggio. Da lì, avrebbero proseguito verso sud (sul pannello a destra) alla volta del Canopo, un lungo bacino circondato da un portico e ornato da statue, splendido affaccio del Serapeo, la più maestosa sala da pranzo estiva mai costruita in muratura a quel tempo. Dopo un pranzo al fresco con vista panoramica, gli ospiti avrebbero potuto eventualmente raggiungere le varie sale di ricevimento collocate tra il Pecile e il Palazzo Imperiale (sul pannello, tutto a sinistra). Ma ciò, immaginiamo, sarebbe dipeso dal ruolo e dalla funzione degli ospiti, se diplomatici, parenti, amici, o amici di amici. Di fatto, la tenuta offriva anche edifici di spettacolo, ossia due teatri (alle estremità nord e sud dell’area oggi nota) e una arena per gladiatori, proprio al lato della grande sala per banchetti detta Piazza d’oro. Insomma, non sapremo mai con precisione chi avrebbe fatto cosa e dove, ma di certo sappiamo che si entrava dal vestibolo.

Ospiti odierni: noi da Adriano.

Una volta visualizzata per la prima volta la mappa della tenuta di Adriano sul pannello, dirigetevi verso il pianoro. Costeggerete delle meravigliose pareti tufacee, di un colore fulvo che ritroverete, paro paro, nei muri in opera reticolata della casa. Una cava a cielo aperto a due passi dalla villa, un pianoro tufaceo che spiega la posizione panoramica della casa. Forse non sapete che Adriano fu solo l’ultimo ad occupare l’area, perché nell’area del Palazzo Imperiale esisteva una villa fin dall’età repubblicana, e i suoi muri in bozze di opera incerta si scorgono ancora! Adriano non ha fatto altro che inserirla nel suo grandioso progetto. A noi interessa per capire quale fosse la tradizione residenziale degli antichi, fin dall’età repubblicana. Un pò come accade alla villa dei Quintili, occupata ed ampliata dai due fratelli a partire da un edificio preesistente, ancora in parte rintracciabile.

Giunti in cima alla salita, vi troverete davanti un altissimo muro nella tipica tecnica del II secolo, detta “opera mista”: specchiature di opera reticolata di tufo sostenuta da cinture in laterizi a distanze regolari (di solito 3 piedi, 90 cm). Una tecnica nata in età tiberiana (alla villa Iovis a Capri i primi esempi di cintura in laterizi!) ma di amplissima diffusione in età traianea e adrianea (pensate a Ostia antica…). Prima di addentrarvi, fate una sosta alla sala del plastico, una versione tridimensionale della casa con tutti i suoi 130 ettari di terreno e circa 30 edifici (noti ad oggi). Ci troverete anche delle meravigliose planimetrie redatte all’epoca dei grandi scavi settecenteschi, una su tutte quella di Giovanni Battista Piranesi (1720-1778). Dovete sapere, infatti, che dalla metà del Cinquecento Ippolito d’Este aveva cominciato a rovistare il terreno a caccia di antichità e replicò nella sua villa (d’Este), non lontana da villa Adriana, una serie di architetture della villa imperiale che all’epoca erano a vista. Poi, nel corso del Settecento, in pieno Grand Tour, nei vari appezzamenti di terra in cui il territorio di Adriano era stato suddiviso si scava forsennatamente per cercare marmi e statue ed è così che l’arredo statuario e i rivestimenti sono stati prelevati e disseminati nelle varie collezioni d’Italia e del mondo, più o meno secondo la ripartizione dei proprietari delle vigne.

Ora uscite dalla sala del plastico e fermatevi all’interno del Pecile, un enorme portico che sarebbe stato pensato per offrire la così detta “passeggiata della salute”: facendo 7 giri intorno all’area centrale si sarebbero raggiunte quelle miracolose 2 miglia che i medici raccomandavano di percorrere dopo pranzo. Il pecile aveva un colonnato che seguiva interamente l’alto muro in opera mista, oggi rievocato da arbusti. Il Pecile è anche l’unico ambiente che si è riusciti ad identificare, insieme al Canopo, rispetto alla serie di nomi tramandati dall’Historia Augusta: Liceo, Accademica, Pritaneo, Canopo, Pecile, Tempe e Ade… (Hist.Aug., Adr., 26.5).

Ora uscite dal Pecile e dirigetevi verso il Teatro Marittimo, che tutto era tranne che un teatro (fantasioso nome antiquario). E’ l’edificio a mio avviso più creativo della tenuta. In pratica è una domus di forma circolare. Avete presente le classiche domus, per esempio quelle di Pompei, dalla forma rettangolare allungata? Beh, che noia, Adriano ne ha inventata una rotonda, dotata di tutti i comforts (camere da letto, sala da pranzo), perfino un impianto termale, la cui piscina fredda (natatio) è lo stesso canale che circonda l’isolotto centrale. Esistevano dei ponti di legno mobili che all’occorrenza si sarebbero potuti rimuovere per isolarsi completamente all’interno. Geniale! Le dimensioni sono praticamente simili a quelle del Pantheon (lui 43, lei 45 metri di diametro) e vi faccio notare che la cronologia del tempio e della casa più o meno coincidono: 118-125 d.C.

Il “Teatro Marittimo”, alias una domus sorprendentemente a pianta circolare circondata da un canale.

Adriano amava sperimentare. Lo intrigava sfidare la legge di gravità, a quanto pare. Ho capito solo guardando la pianta degli edifici che la loro bellezza era data dalla forma disegnata, che oggi poco si coglie camminandoci, e dalle dimensioni. Questa architettura era stata creata per offrire una vera e propria ESPERIENZA della bellezza e della magnificenza imperiale, che con Adriano fa rima con stravaganza e arditezza. Dal Teatro marittimo avete due opzioni: salire la scala che vi porta sulla terrazza superiore e dirigervi verso il Cortile delle biblioteche, oppure deviare a destra verso le Terme dell’Heliocamino per dare un’occhiata ad uno degli almeno 4 impianti termali presenti nella tenuta, dalle quali proviene quella meravigliosa Venere accovacciata che trovate al primo piano del museo di Palazzo Massimo, ispirata al modello di Doidalsas, creato in Asia Minore nel II secolo a.C.

Risalendo verso il Cortile delle biblioteche, quindi, fiancheggiate le maestose sale a più piani sostenute da una poderosa sostruzione e abbellite da giardini con fontane. In qualche stanza potrete ancora trovare un frammento dei rivestimenti in marmo colorato che un tempo ornavano i pavimenti. Che lusso! Qui siete nel punto in cui esisteva la domus di età repubblicana. Infatti, se attraversando il complesso vi dirigete verso il Palazzo Imperiale, troverete i resti di una sala ninfeo, una sorta di fontana monumentale con nicchie alle pareti, i cui muri sono fatti di bozzette di opera incerta, e sono inconfondibili! Guardate a terra e vi ritroverete a calpestare lo strato di cemento che un tempo doveva ospitare le lastre di marmo: se ne vedono ancora le tracce impresse sulla malta.

Un ambiente della domus repubblicana inglobata nel Palazzo Imperiale.

Proseguite oltre e troverete gli Hospitalia, una costruzione piuttosto umile rispetto al tenore generale della casa di Adriano, dove campeggia un grande spazio centrale circondato da stanzette pavimentate a mosaico. Sul fondo, una parete ad arcate cieche che racconta di una fase edilizia precedente all’intervento adrianeo e che rivela la presenza di strutture terrazzate ben prima che l’imperatore spagnolo vi giungesse con la sua maestosa residenza.

La parete di fondo, ad arcate cieche, del complesso degli Hospitalia.

A questo punto, procedete verso il Palazzo Imperiale e salite la scala che vi trovate a sinistra, oltre gli Hospitalia. Siete ora alla quota più alta del complesso e state attraversando la lunga serie di stanze di ricevimento, portici e ambienti più riservati, che il Palazzo doveva ospitare. Qui immaginiamo Adriano risiedere stabilmente, quando sceglieva di soggiornare nella sua tenuta tiburtina. Di fatto, è il quartiere più riservato e chiuso dell’intero complesso e vanta una sala per banchetti che nessun imperatore aveva mai costruito prima: la così detta Piazza d’oro. Ancora una volta il nome rievoca il tempo delle esplorazioni antiquarie e si presume che proprio qui siano state trovate grandi quantità di statue e di rivestimenti. Tutto è scomparso. Resta solo la possente architettura a testimoniare una creatività mai vista prima e una capacità di costruire forme architettoniche complesse mai raggiunta in passato. Se la guardate in pianta, infatti, la Piazza d’oro offre un tripudio di linee curve (la sala d’ingresso con la magnifica volta a ombrello, la sala per i triclini dalla parte opposta) e linee rette (il grande spazio scoperto centrale ornato da fontane e portici). E proprio nell’ottica di offrire un intrattenimento completo agli ospiti, a sinistra (cioè a est) della grande sala da ricevimento c’era un’arena per combattimenti gladiatori e cacce di animali, purtroppo non visitabile.

A questo punto siete giunti a metà del percorso. Vi suggerisco di ritornare sui vostri passi soffermandovi nel Cortile dei pilastri dorici, che in realtà avete visto prima ma che ora potete ritrovare ed esaminare meglio. Il nome deriva dallo stile dei capitelli sorretti dai pilastri e sorprende per la struttura che combina volte cementizie a botte su architravi marmorei piani. Da qui noterete anche l’accesso a quel corridoio seminterrato (criptoportico) che fungeva da sostegno alla parete monumentale allestita nel cortile del Palazzo Imperiale.

Ora dirigetevi verso quel campo verde ombreggiato dagli ulivi secolari che trovare subito fuori dal Palazzo Imperiale. Sedetevi al fresco su una panchina e riprendete fiato. Mangiate il vostro spuntino e rinfrescatevi alla fontanella che trovate presso le panchine. Appena vi sentite pronti, rimettetevi in marcia e visitate il così detto Palazzo d’Inverno, o edificio con Peschiera. Di qui è passato anche Piranesi, che ha lasciato la sua firma sulla parete del corridoio che corre sotto al portico. Si tratta di un altro edificio con funzione residenziale, dotato di una grande vasca per allevare i pesci e anche di un impianto di riscaldamento: ciò ne fa un luogo perfetto per dimorarvi nella stagione fredda. Come l’aristocrazia ci ha insegnato anche per l’epoca moderna, nei grandi palazzi nobiliari non si frequentano mai tutte le parti nello stesso momento. L’edificio di grandi dimensioni è concepito come tale perché è esso stesso un simbolo manifesto della casata che lo abita. Ma di fatto, sono pochi gli spazi dove la famiglia realmente vive e non sono mai gli stessi in estate e in inverno e gran parte di quegli spazi sono riservati agli ospiti, quando presenti. A Villa Adriana doveva funzionare allo stesso modo.

A questo punto noterete un meraviglioso affaccio sulle Grandi Terme, costruite sulla terrazza inferiore. Bene: guardatele prima dall’alto, dominatele con lo sguardo, se ce la fate (sono immense!) e poi percorrete la stradina che scende alla loro quota. Noterete spesso sui muri in opera mista le tracce inconfondibili della spoliazione post antica dei mattoni, la quale ha lasciato una serie di cavità orizzontali profonde laddove c’era la cintura di laterizi di rinforzo. Alla stessa maniera noterete questa “assenza” in corrispondenza degli archi di scarico, costruiti nei punti in cui si apriva una porta, o una finestra, oppure, in basso, una fogna o un prefurnio per riscaldare. Le Grandi Terme offrono l’opportunità di sognare passeggiando nelle loro immense architetture. Entrate nel frigidario, reso famoso da quel “trancio” di volta a crociera sospeso nel vuoto. Il frigidario ha due grandi vasche precedute da gradini che vi consentiranno di immaginare nella vostra testa gli ospiti seminudi discenderli per raggiungere l’acqua fredda. In una vasca oggi c’è un grande frammento della volta stessa, che reca ancora il pavimento in opera spicata, fatto con i mattoncini a spina di pesce, indizio di un percorso al piano superiore, forse di servizio, per la manutenzione dell’impianto.

Grandi Terme, frammento della volta con porzione del pavimento in opera spicata del piano superiore.

Dal frigidario accederete a una grandissima sala quadrangolare sul soffitto della quale sono visibili i resti della decorazione a stucco bianco. Un pallido ricordo, ma pur sempre un ricordo, della fastosa decorazione originaria. Da lì noterete che all’esterno si eleva una gigantesca costruzione, detta il Pretorio, che offre una ulteriore terrazza a quota ancora più alta. La facciata è tagliata da fessure verticali, che rivelano come in origine fosse una parete continua, con porte e finestrelle nella parte alta, mensole all’interno per allestire solai di legno che dividessero in più piani la sua strepitosa altezza. Si dice che la guarnigione di Adriano fosse di stanza a Villa Adriana (certo, mi pare il minimo), e che il Pretorio la ospitasse. Ma chissà che non fosse anche il luogo della riserva di cibo, bevande e cose varie, che pure da qualche parte dovevano stare considerando che la casa era piena di sale per banchetto e terme. E proprio di fronte al Pretorio, noterete un piccolo affaccio verso l’interno di uno spazio delle terme nel quale riconoscete dei muretti che delimitano spazi circolari: state guardando l‘ambiente dei forni dove si produceva l’acqua calda, contenuta in appositi boilers, installati su quelle strutture circolari. Immaginate un gruppetto di schiavi alimentare i fuochi, controllare l’acqua, correre avanti e indietro per garantire che le terme funzionassero a dovere.

Dietro a questa parete c’è l’impianto delle caldaie delle Grandi Terme. E vedete anche le tracce della ruberia dei mattoni.

Date poi un’occhiata alle Piccole Terme. Non è un caso che siano costruite vicine, le due terme: pensate al circuito dell’acqua, pensate agli impianti, pensate alla legna, pensate a quante persone servivano per tenerle in attività, insieme o singolarmente: è strategica la loro reciproca vicinanza. Le Terme si trovano proprio a pochi passi dal vestibolo di ingresso (da dove arrivavano gli ospiti di Adriano) e a pochi passi dal Canopo, il famigerato bacino ornato di statue di Amazzoni, di Scilla (del tutto simile all’altro gruppo conservato al Museo di Sperlonga, facente parte della precedente villa di Tiberio), di Cariatidi e guerrieri, antistante il meraviglioso ninfeo/triclinio estivo, detto Serapeo. Qui, l’imperatore poteva letteralmente scioccare gli ospiti offrendo loro un pranzo al fresco della cascata artificiale che roboava nella grotta costruita in muratura. I romani erano i maestri dei ninfei e fin dall’età repubblicana li avevano incastonati nelle loro case. Nerone, nella sua Domus Aurea, e in particolare nel padiglione estivo del colle Oppio (visitabile oggi) aveva per la prima volta costruito una mirabolante sala da pranzo a forma di grotta, rievocandovi la storia di Ulisse e Polifemo, appunto ambientata in una grotta: il tema perfetto per l’ora di pranzo quando il vino scorreva a fiumi. L’aveva forse vista da suo zio Tiberio a Sperlonga, ma quella era una grotta naturale. Nerone se l’era fatta costruire sperimentando per la prima volta una enorme volta a botte sostenuta da una teoria di ambienti voltati più piccoli disposti tutti intorno. Ci aveva portato l’acqua con l’acquedotto e così poteva mangiare sentendo quel suono d’acqua fluente che per lui (dicono le fonti) era tanto rilassante. Adriano, forse seguendo quella scia, costruisce un ninfeo incastonato nel paesaggio, di dimensioni colossali, tenendo fede, però, ad una tradizione imperiale, e naturalmente mettendoci tutta la sua creatività per renderlo un luogo del tutto speciale. Ecco, se pensate a tutto questo, allora vi sembrerà davvero il salotto più incredibile che abbiate mai visto.

Il Serapeo, o sala da pranzo estiva, incastonato nel paesaggio, al culmine del Canopo.

Il nostro itinerario si conclude qui. Ritornando sui vostri passi, potrete infine vedere dall’alto la strada basolata che in passato conduceva gli ospiti in carro a casa di Adriano. Più oltre, scorgerete le “Cento Camerelle“, vale a dire una poderosa costruzione su più livelli, in primis costruita per sostenere la struttura terrazzata della casa di Adriano (e per capire il senso di questa soluzione architettonica vi basterà andare al Palatino), e, in secondo luogo, adibita ad alloggi della servitù, ossia di quelle centinaia di schiavi necessari a tenere in piedi una simile residenza. Attraversate di nuovo il Pecile e decidete se tornare a casa oppure proseguire ancora verso il tempio di Venere.

Musei da visitare.

Credo che come prima volta a Villa Adriana, questo itinerario vi renderà soddisfatti. Mettete in programma, poi, di tornarci, dopo essere stati ai Musei Capitolini, e in particolare a Palazzo Nuovo, dove troverete i famosi centauri in marmo bigio, oppure in Palazzo dei Conservatori, nella sala delle colombe, c’è il famoso mosaico delle colombe strappato da Villa Adriana nel 1737; e a Palazzo Massimo, dove troverete, tra le altre, la Venere ispirata al modello di Doidalsas che ho citato sopra. Poi ci sarebbe il British Museum, ma è fuori mano…

Ho in mente di creare per voi altri itinerari, che passino anche dai Musei, con la speranza che possiate così riconnettere i “disiecta membra” del nostro passato, tanto impegnativo quanto affascinante da scoprire. E con questo è tutto da villa Adriana, vi aspetto al prossimo itinerario!


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